Oggi in classe ci siamo ritagliati parte della mattinata per dedicarla alle nostre riflessioni sulla giornata della memoria. Il tema era così grande e nella stanza è calato presto il silenzio. Avevamo tanti pensieri tutti estremamente interessanti, ma non sapevamo se lo sarebbero stati abbastanza da poter cominciare un degno salotto.
Uno di noi si è alzato ed è andato alla lavagna per leggere qualche annotazione sul telefono. Si trattava di una testimonianza, il bisnonno era stato catturato e deportato nel campo di Fallingbostel. Trascorsi undici giorni in quel luogo era tornato a casa e qualche anno fa aveva raccontato la sua storia ai nipoti cosicché la potessero ricordare e conservare preziosamente. Prima di spegnersi, donò al maggiore un bracciale in ferro che lui stesso aveva forgiato nel campo durante le ore di lavoro.
La nostra riflessione è partita proprio da questo bracciale. Oggi riteniamo che l’ornamento sia un oggetto non necessario, tuttavia in pochi conoscono il vero significato di questo termine: “ciò di cui non si può fare senza”. Gli ornamenti distinguono gli uomini e definiscono le nostre identità rendendoci unici. Così in un campo di concentramento, tanto vicino alla morte, quell’uomo non si è mai sentito più vivo e quel piccolo gioiello rappresenta tuttora la sua forza e la sua unicità perché gli oggetti raccontano storie, raccontano vicende e raccontano persone.
Ascoltare esperienze di uomini molto vicini a noi ha suscitato una serie di pensieri sulla normalità poiché spesso si tende a vedere i personaggi e gli eventi in modo assoluto. Per semplificare la storia gli adulti insegnano ai bambini che gli ebrei sono i buoni e i tedeschi i cattivi, ma questa idea è sbagliata perché l’essere umano non si riduce a un concentrato di bontà o all’incarnazione del male, ma è ben altro. Il processo di Norimberga descritto nel libro di Hannah Arendt “La banalità del male” ci insegna proprio questo. È molto difficile per un uomo giudicare un altro uomo e ancora più difficile ammettere le mostruosità delle proprie azioni perché le colpe spesso sono un fardello troppo grande da sopportare.
La conversazione si è improvvisamente allargata. Abbiamo scoperto che in questa giornata temi come il giudizio, la vita e la memoria sono strettamente legati uno all’altro e nessuno di questi si tratta con facilità. La mattinata si è poi conclusa con la lettura dei nostri pensieri in seguito attaccati alla vetrata dell’ingresso al liceo. Infine ci siamo lasciati con un saluto contenuto. Il sole era pallido e faceva freddo.
Matilde Tragni 5A