Cosa determina la memoria?
In prossimità di due date di fondamentale importanza, quali la Giornata della Memoria e il quinto anniversario della scomparsa di Giulio Regeni, termino la lettura di “1947”, testo di incontro tra narrativa e saggistica scritto da Elisabeth Agsbrink e pubblicato da Iperborea.
Nel libro, mese per mese, vengono raccontati gli eventi caratterizzanti di questo anno, propenso al futuro, al progresso, ma ancora profondamente appesantito dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale.
Tra le numerose storie e situazioni trattate (oltre alla situazione ebraica e al principio della questione araba- palestinese) viene raccontata, nel mese di giugno, la storia di Raphael Lemkin, il lobbista non ufficiale. Così viene chiamato quest’uomo che, abbandonando una vita da 7500 dollari al mese a Washington, decide di combattere contro la prima sentenza di Norimberga, portando avanti la sua battaglia per far sì che ciò che l’immane tragedia appena finita venisse definita con la parola giusta: genocidio. Probabilmente ad oggi, se non fosse stato per Lemkin e la sua determinazione a definire correttamente un evento drammatico quale l’olocausto con il termine “genocidio”, ossia un crimine con una propria identità, non ci sarebbe nessuna Giornata della memoria.
Se riuscissimo ad avere verità per Giulio, ad avere le parole che definiscano quello che è realmente accaduto, potremmo portarlo sempre con noi nella nostra memoria. Se le cose non si comprendono, è difficile ricordarle.
Allora cos’è che determina la memoria? Una corretta definizione.
Adele Spina 5°M