Venerdì 23 Ottobre è stato il giorno in cui il celeberrimo Covid-19, che fino a quel momento era rimasto fuori, è entrato in casa mia sbattendo la porta e senza chiedere il permesso.
Alle 10:30 del mattino di quel giorno, infatti, è arrivato l’esito del tampone di mia madre che, purtroppo è risultata positiva, scatenando una marea di sensazioni diverse in tutto il nucleo familiare.
Appena ripresi dalla notizia, i miei genitori hanno contattato le aziende in cui lavorano, e in seguito anche le scuole che frequentiamo io e mia sorella.
Ben presto però si è rivelato molto più difficile affrontare non tanto il covid, quanto la disorganizzazione degli enti competenti.
Fortunatamente il mio problema ed il problema di mia sorella (alunna delle scuole medie) si sono risolte quasi immediatamente, solo che in maniera un po’ diversa: per me è stata attivata la didattica a distanza, per mia sorella è stato detto fin da subito che la didattica a distanza per lei non ci sarebbe stata. Se è vero che il fine giustifica i mezzi, ed in questo caso il fine era dare disposizioni nella maniera più rapida possibile, allora bisogna complimentarsi anche con le scuole medie di mia sorella, giusto? Che sarà mai per una ragazzina di 11 anni perdere quasi due settimane di scuola e recuperare tutto al pomeriggio?
Per i miei genitori la vicenda è stata leggermente più complicata, specialmente per mio padre: mia madre ha la possibilità di lavorare a distanza, ed è già segnalata come positiva, mentre mio padre, oltre a non poter lavorare a distanza, non era nemmeno stato legalmente messo in quarantena.
Dal giorno successivo, il 24 Ottobre, è cominciata una serie di telefonate con il medico di famiglia, il capo di mio padre e l’ASL, che sembravano una presa in giro piuttosto che una reale soluzione: il medico di famiglia sosteneva che l’ASL dovesse contattarlo per permettergli di affidare a mio padre un numero di protocollo, che avrebbe giustificato la sua assenza da lavoro, mentre qualsiasi altra fonte sosteneva l’esatto contrario, ovvero che il medico dovesse contattare l’ASL.
Dopo ben 6 giorni di telefonate siamo stati contattati dall’AUSL che ha fissato la data del tampone per tutti e quattro i componenti della famiglia.
La verità è che il virus non è l’unico problema che abbiamo qui in Italia; come ho potuto provare in modo diretto, la disorganizzazione è davvero un problema serio, che purtroppo è talmente radicato nella nostra cultura da riuscire a passare inosservato. E mentre cerco di dare un senso a questi giorni di isolamento che mi restano, spero che raccontare la mia esperienza possa davvero servire a qualcosa.
Niccolò Napolitano
Se il problema non è soltanto il virus
