Fin dagli inizi del ‘900 il corpo della donna viene messo sotto spesse lenti di ingrandimento: viene richiesta una donna matronale, abbondante e ” pratica ” per gli anni del primo conflitto mondiale; negli ‘anni ruggenti ‘ in America il benessere si diffonde e nella mente della borghesia benestante si fa strada la ragazza alla Daisy del grande Gatsby. La bellezza viene idealizzata come qualcosa di indipendente, libero, e infatti il mondo era pieno di donne con i capelli corti , che bevevano alcolici, truccavano pesantemente occhi e bocca, vestivano di piume e pizzi.
Negli anni quaranta il secondo conflitto mondiale vuole efficenza, militarità, giacche grandi, spesse, niente più fronzoli, solo corpi robusti e, se necessario, pronti a difendersi o a prendere il posto dell’uomo in ambito lavorativo.
La fine della guerra porta le persone a voler in qualche modo “compensare ” le carestie e la miseria : il canone degli anni cinquanta è Marilyn Monroe , la donna “tappeto”, con guance piene, disumano sorriso candido, capelli ossigenati. Fianchi e seno abbondanti, e un po’ di pancetta vengono considerati molto umani e sono un buon modo per mettere un punto alle limitazioni della guerra. La conseguenza è la rappresentazione della donna come vuota, superficiale, priva di interessi o che si interessa al massimo di torte, profumi e poker fra amiche.
Negli anni sessanta si dà sfogo alla figura androgina: le forme scompaiono lasciando corpi minuti e da bambina , visi ‘puri ‘ e inespressivi; gli uomini vogliono essere visti come se quello dedicato a loro fosse il primo sguardo di una donna. E potremmo andare avanti ancora con altri esempi… in un canone estremamente fluido e destinato a cambiare di frequente, o a riproporsi simile, o a ripetersi in circolo o a scomparire.
Diciamolo: confrontarsi con un canone serve per decidere chi è bello e chi no ma come si fa a dire con oggettività cosa o chi è bello? E allora per quale motivo le ragazze oggi “correggono ” se stesse? Vediamo qualunque nostra caratteristica come un difetto, qualcosa da eliminare : un neo in viso, il callo dello scrittore, le orecchie a sventola.
Secondo me ogni particolarità è qualcosa da preservare ed evidenziare. Siamo unici, facciamoci ricordare dagli altri per quello che siamo ma anche per COME siamo. E poi siamo onesti: accettarci ci fa stare bene. Chi può passare la vita a rincorrere questi canoni e i loro standard troppo alti?!
Elena Petroni