Avevo solo cinque anni quando mio padre mi fece trovare in cortile una capretta, piccola, bianca e terrorizzata, ma mi piaceva tanto che, con mia grande soddisfazione, mi feci fotografare mentre la accarezzavo, in uno dei rari momenti in cui entrambe stavamo immobili a guardare dentro quel piccolo obiettivo in una giornata solare.
Quella foto mi è rimasta dentro e, nonostante la capretta sia sparita poco dopo, e nonostante i traslochi, le disgrazie, le morti premature di persone amate, forse il ricordo più incisivo della mia infanzia è quell’immagine ed il senso di morbidezza che sentivo sul palmo della mano mentre io la accarezzavo in attesa dello scatto, uno scatto sorridente e paterno.
Silvia Cacciani