In gita alla bianca spiaggia di Preveli, da cui si può accedere alle fresche acque del torrente e, in pochi attimi, a quelle calde e turchine del mare, sostammo nel meriggio presso il vicino complesso monastico. Il pope si avvicinò a me e, come fossi un dignitario bizantino, mi sistemò un rametto di basilisco (Magydaris pastinacea) sopra l’orecchio sinistro (conservo ancora quel rametto fra le pagine del romanzo Le nozze di Cadmo e Armonia). Poi, mentre i miei compagni di viaggio erano in ammirazione di tessuti ricamati da sua moglie, il pope mi condusse in chiesa. Appena entrato, fui colpito dall’intensa oscurità. Cercai a tastoni l’interruttore della luce. Il pope, sorridendo, mi disse in perfetto italiano (mi rivelò poi dei suoi studi a Roma) che non l’avrei trovato poiché non vi era alcun impianto di illuminazione elettrica. Chiesi come mai ed ottenni una risposta sorprendente: – In una chiesa ortodossa, le icone si contemplano alla luce delle candele. Detto fatto, il pope accese diverse candele e mi invitò a inginocchiarmi assieme a lui davanti all’icona della Madonna della tenerezza, del tutto simile a quella dell’iconografo cretese Andreas Ritzos (1421-1492) che si può ammirare presso la Galleria Sabauda di Torino (vedi foto).
Dopo un buon quarto d’ora in silenzio (le mie ginocchia erano già doloranti) il pope mi sussurrò: – Il tremolio delle fiammelle esalta il riverbero dei colori minerali, rendendo vivi i santi volti della Madonna e di Gesù Bambino. Così l’icona diventa una finestra aperta sui misteri divini. Il monaco dipinge l’icona non come un quadro, ma, nella fedele ripetizione di un modello codificato, cerca di rendere tridimensionali i santi volti – anche grazie alla convessità della tavola lignea – per suscitare nel fedele sguardo contemplativo, preghiera, pace e gioia spirituale. Capirai – concluse – perché l’icona, per la chiesa ortodossa, è considerata l’ottavo sacramento. –
Iniziai a discutere circa le differenze teologiche fra la chiesa romana e quella ortodossa, ma il pope, asciugandosi il sudore dalla fronte e constatando che pure io sudavo profusamente in volto per il gran caldo, mi disse: – Vedi, nonostante le differenze, sudiamo allo stesso modo! –
Mi accompagnò nel suo studio e mi parlò a lungo del teologo russo Pavel Evdokimov (vedi post scriptum). Ne fui particolarmente colpito e una volta rientrato in Italia, acquistai i suoi libri tradotti in italiano. Imperdibili.
PS. Pavel Evdokimov (San Pietroburgo, 2 agosto 1901 – Meudon, 16 settembre 1970) fu il primo autore ad introdurre la figura del mistico Pavel Florenskij nel mondo occidentale. Uno dei suoi principali capolavori è Teologia della bellezza. L’arte dell’icona (1972), edito dalle Paoline, Roma 1984. Le sue opere hanno attualmente una profonda valenza ecumenica per il Cristianesimo nel rapporto tra Oriente e Occidente; non a caso fu invitato come osservatore ortodosso all’ultima sessione del Concilio Vaticano II.