Non c’è sole ad Auschwitz

File di visitatori ripercorrono i luoghi della degradazione, del crollo dell’umanità. La vita continua, fuori dal campo di Auschwitz; dentro si ferma, in un silenzio irreale: oggetti, segni di vite spezzate, crudeltà e ipocrisia.

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Un silenzio assordante ci avvolge e ci porta a riflettere su ciò che non dobbiamo mai e poi mai dimenticare: il passato. Ciò che è stato rimane, ma il futuro è tutto da scrivere: siamo noi a decidere cosa scriverci. Evitiamo di compiere gli stessi errori. Segni tragici e indelebili.
Entrando negli spogli edifici vissuti, passando per i campi deserti, si possono ancora sentire le urla soffocate dal terrore vagare nell’aria; una pioggia di lacrime bagna ancora i nostri cappucci, la pelle gelata dal vento e le nostre vite.

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Le piccole scarpette rosse di bambina spiccano nel gran mucchio, le ciocche bionde di bambino risaltano nell’ammasso. La nostra testa ci porta a cercare negli oggetti emozioni e sentimenti per capire la realtà della situazione in cui ci si trovava. E quando, finalmente, riusciamo a trovarli, non possiamo fare altro che tacere.20170428_152728

 

 

 

 

Chiara, Giulia, Giulia, Lorenzo, Matilde, Pietro (Progetto Erasmus + New Education, Wieliczka – Polonia)

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