Olio di palma: condannato o assolto?

È entrato nelle nostre case senza tanto scalpore, ma è uscito con i riflettori puntati addosso. Con un’accusa infame è stato sottoposto a un processo. Mentre le indagini sono lasciate all’immaginazione degli inesperti, il suo nome è accompagnato dalla negazione della sua presenza: l’olio
di palma
, presunto nemico della salute e dell’ambiente.

I giornali e la televisione hanno parlato molto di questo ingrediente; il risultato del tersenza-olio-di-palmarorismo mediatico è stato l’eliminazione di questo prodotto dai processi produttivi di molte industrie alimentari. Tutto è iniziato da uno studio dell’EFSA divulgato nel 2016: nella lavorazione dell’olio di palma si formano delle sostanze chimiche potenzialmente cancerogene in concentrazione superiore rispetto ad altri oli. Sono bastate queste poche informazioni per scatenare una bufera mediatica.

Questa tempesta ha costretto l’AIRC a precisare i risultati dello studio precedente: le sostanze tossiche si formano solo se gli oli sono raffinati a temperature superiori ai 200°C e sono dannose solo se assunte in quantità elevate.

Il pericolo quindi, come per tutti gli alimenti, è legato alla frequenza e alla quantità del consumo.

Ma non fermiamoci all’apparenza: la scritta “Senza olio di palma” è garanzia di un prodotto più salutare? I principali surrogati sono l’olio di cocco, di burro di cacao e di girasole. Anche questi olii, però,  presentano rischi chimici, in particolare l’olio di girasole, come spiega Fiorenza Caboni, docente di Tecnologie alimentari all’Università di Bologna, subisce una raffinazione i cui effetti sul nostro corpo non sono prevedibili.
Anche gli ambiOil palm fruits and a plate of cooking oil on leaves backgroundentalisti puntano l’indice contro l’olio di palma: causa la deforestazione e la mancanza di biodiversità. Come ogni attività produttiva ha un impatto ambientale, ma Carlo Alberto Pratesi, Professore di Economia e Gestione delle Imprese all’Università Roma Tre, presenta dei dati secondo i quali in proporzione ad altri oli risulta il più sostenibile. Per la produzione di 3,47 tonnellate di olio di palma è utilizzato un ettaro di terreno, contro i 6 della colza, i 7 del girasole e i 12 dell’oliva.
Alcune aziende hanno scelto di non lasciarsi trasportare dalla corrente e, dopo avere effettuato delle ricerche, hanno continuato a utilizzare quest’olio. La Ferrero, verificata la sostenibilità ambientale e salutare dell’olio di palma, si è resa protagonista di una campagna controtendenza. La nostra amata Nutella rimarrà con l’olio di palma, la realtà dei fatti contro la “post verità”.

Perché un semplice olio è diventato l’argomento più discusso nelle nostre case?

Il professore Carlo Alberto Pratesi ci fornisce ancora una volta una risposta: il 60 % dell’export del settore dell’olio vegetale è l’olio di palma. E’ un grande business, invidiato da molti delle ex lobby dell’olio vegetale.

Ancora una volta è il ‘re denaro’ la causa e lo scopo di una battaglia mediatica. L’olio di palma risulta essere solo la vittima quasi – se non completamente- innocente; noi consumatori  abbiamo le armi che determineranno la svolta della guerra. Come decidere? In base agli interessi economici delle multinazionali o in base ai nostri interessi e a quelli dell’ambiente?


La corte suprema ha deciso la sentenza: imputato assolto.

 

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