Canis lupus

La relazione tra l’uomo e il lupo è sempre stata altalenante, amore e odio,  fascino e repulsione: è passato nei secoli dall’ammirazione alla domesticazione, dalla paura alla demonizzazione, per approdare, poi, allo sterminio pianificato. Ciò nonostante abbiano percorso insieme buona parte del cammino evolutivo e le sue doti di cacciatore e combattente siano state apprezzate dai popoli di cultura venatoria e guerriera; infatti  i popoli di agricoltori e allevatori l’hanno sempre visto come una minaccia e combattuto con tutti i mezzi.

La nascita del “lupo cattivo”,divoratore di uomini,  è da ricondursi ai cambiamenti ecologici ed ambientali che si produssero nel passaggio tra antichità e medioevo; questa trasformazione è stata ampiamente favorita dal Cristianesimo che demonizzava i lupi, identificandoli con l’essenza stessa del male, ma provvedeva anche a fornire i necessari antidoti, santi e beati per contrastare la minaccia.

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Negli anni ’70 sopravvivevano un centinaio di lupi nel centro-Sud dell’Italia, ma grazie al contributo di molti progetti di conservazione da allora la loro popolazione si è ripresa. L’aumento delle foreste, della presenza di ungulati e il progressivo abbandono della montagna da parte nostra, ne ha favorito la diffusione e l’ha portato a espandersi naturalmente su Appennini e Alpi. Non tutti hanno gioito di questa ripresa, temendolo anche senza motivo. A questo proposito Francesca Marucco di Life Wolfalps ( un progetto europeo di tutela ambientale) spiega:  “Il lupo non è considerato una specie pericolosa per noi e negli ultimi cento anni, in Italia, non sono stati registrati incidenti che coinvolgessero l’uomo. Le attuali condizioni ecologiche e l’elevata persecuzione che ha subito -e ancora oggi subisce- l’hanno reso del tutto elusivo nei nostri confronti. Non per questo si possono escludere incidenti: è necessario rispettarlo in quanto animale selvatico e non avvicinarlo. In caso di avvistamento si può fermarsi a osservarlo, data la fortuna dell’incontro, ma da lontano. È importante segnalare questi eventi perché sono molto rari: se il lupo nota un essere umano, solitamente è lui a lasciare la zona e di rado in modo avventato”.

Un altro problema, sono gli attacchi al bestiame, come testimoniano le recenti  stragi di lupi in Maremma, che  hanno portato a gesti barbari ed estremi da parte di paesani poco tolleranti.

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“Il lupo è un animale particolare, è un super-predatore autoctono e regola l’ecosistema. È giusto che sia presente sul territorio, e non va bracconato”, spiega Nicola Bressi, zoologo e direttore del Museo di Storia Naturale di Trieste. I branchi di lupi, tengono sotto controllo le popolazioni di caprioli e soprattutto di cinghiali sull’Appennino, quindi sono benefici nel selezionare gli individui deboli. E, contrariamente a quel che si pensa, sparare ai lupi è spesso controproducente perché l’eliminazione di un alfa fa perdere al branco le tecniche di caccia a livello culturale, per cui il resto del branco è costretto a ripiegare su animali di allevamento, prede molto più semplici.

Ogni anno oltre 300 lupi muoiono a causa dell’uomo e 1 lupo su 2 muore per mano dei bracconieri. La situazione, già critica, rischia di peggiorare ulteriormente con l’ipotesi di creare le condizioni per gli abbattimenti legali del lupo, anche all’interno e in prossimità dei Parchi Nazionali.

Bisogna continuare a lavorare per garantire ai lupi aree speciali, attraverso le quali possano riprodursi, spostarsi in modo sicuro e al riparo da pericoli e per diffondere pratiche di allevamento che tengano in adeguata considerazione la presenza dei predatori, arrivando a rendere possibile la convivenza lupo-uomo.

 

Ortensia Patrizi

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