L’Italia non è ancora un posto per donne. O meglio, i dati confermano che nel nostro Paese la disparità fra i sessi in materia di impiego lavorativo, carriere, disparità salariale, partecipazione alla vita economica è ancora accentuata. Ed è così anche per quanto riguarda l’accesso al mondo della scienza.
Il mese STEM. Al Bertolucci si è da pochi giorni concluso il mese delle studentesse STEM (acronimo per “Science Technology Engineering Mathematics”): l’iniziativa ha introdotto nella scuola il tema del gap di genere, anche conosciuto come gender gap. È ormai noto che l’Italia è uno dei paesi in cui le differenze di genere – legate al sesso, ma non connaturate in sé all’«essere donna» e all’«essere uomo» – sono tra le più accentuate in Europa. È desolante leggere la classifica redatta nel 2015 dal World Economic Forum sul gender gap nel mondo (fonte: http://reports.weforum.org/global-gender-gap-report-2015/rankings/) e dover scorrere, scorrere e ancora scorrere prima di trovare il nome del nostro Paese (41esimo su 145). Certo, non siamo proprio ultimi in Europa – Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca sono messi peggio – ma in ogni caso il dato rimane segno di arretratezza: culturale, prima di tutto. Ed è proprio lì, nel mondo della cultura, che si riscontrano le prime differenze tra maschi e femmine: già a scuola tali disparità tendono a fossilizzarsi, senza la possibilità di poterle riassorbire nel tempo.
STEM a scuola: perché? La prof.ssa Silvia Monica, responsabile del progetto “Contateci! Noi contiamo”, spiega che l’iniziativa, di indicazione ministeriale, non ha avuto lo scopo di risolvere il gender gap, quanto invece l’intento di presentare il problema, informare tutte e tutti della sua esistenza. E ovviamente, non meno importante, rendere consapevoli le studentesse delle loro potenzialità nelle discipline scientifiche, offrendo loro uno spazio in cui poter sperimentare, apprendere, sbagliare e ricominciare, lontano da stereotipi. La formazione della disparità tra generi già nell’ambiente scolastico si pone alla base di quello che sarà il gender gap nel mondo del lavoro: “oggi – prosegue la prof.ssa Monica – il mondo della scienza è quello che fornisce maggiori possibilità concrete di lavoro e il fatto che la componente femminile, per molteplici e complesse ragioni, ne sia esclusa, contribuisce ad accrescere la disparità”.
Laboratori. Il progetto si è articolato in diverse attività: il laboratorio di biochimica (che ha trovato piena partecipazione), il laboratorio di circuitazione e programmazione con Arduino (con un’adesione pari a circa il 50% delle possibili partecipanti), il laboratorio di Eratostene per il calcolo della circonferenza terrestre (con totale adesione) e attività di ricerca sul gender gap. Inoltre sono stati organizzati incontri con specialisti – “Ragazze! Parliamone!”– per discutere a proposito del gap di genere nel mondo dell’istruzione ed è stato indetto un concorso, aperto a tutta la scuola, per la creazione del logo del progetto che vedete rappresentato sopra.
Perché gli stereotipi. Da diversi studi, primo fra tutti l’indagine OCSE PISA 2012, sono emersi alcuni dei fattori che contribuiscono alla nascita degli stereotipi di genere relativamente alle figure professionali: i mezzi mediatici, la società in cui viviamo, la famiglia e la scuola costruiscono, più o meno consapevolmente, un’immagine di uomo e donna di scienza, un’aspettativa nei confronti di ciascuno di noi dalla quale ognuno è inconsciamente condizionato. Come riporta l’indagine OCSE (2012), accade per esempio che i genitori tendano a pensare più spesso che i loro figli, più che le figlie, avranno accesso ad un lavoro nel settore scientifico, anche quando figli maschi e femmine ottengono pari risultati in matematica.
Inoltre l’attesa generata dagli stereotipi finisce per pregiudicare la possibilità di accesso al mondo della scienza alle donne che lo vorrebbero. Sei una ragazza geniale in matematica? Com’è possibile? I geni sono maschi! L’inevitabile diminuzione dell’autostima e della fiducia nelle proprie capacità porta la ragazza ad autoprecludersi un futuro nel campo scientifico: così si compie la “predizione” della società.
Allora, ragazze, seguite le indicazioni della prof.ssa Monica:
Tu puoi!
Se provi, probabilmente ti piacerà!
Ne vale la pena!
E ne vale veramente la pena, come dimostra l’apprezzamento delle nostre STEMgirls per il progetto, perché ognuno possa liberamente esprimere le proprie potenzialità.
Luca Cantoni 4 A