La 2 E  illuminata dal S.O.L.E. (Self Organised Learning Education)

 

I confronti che ti cambiano

La vita di un’adolescente non è certamente semplice, anzi potremmo dire che è molto complessa; il progetto S.O.L.E. aiuta i giovani a comprendere meglio come porsi di fronte alla vita.

Questo progetto mi ha aiutata a riflettere, confrontandomi con miei coetanei e con delle figure di riferimento (il sociologo Riccardo Lodi), su delle tematiche e degli argomenti a cui solitamente non diamo il peso che meritano. Ci hanno posto delle domande che avevano bisogno di tempo per essere analizzate  e per trovare una risposta, o per meglio dire, noi avevamo bisogno di tempo per comprendere che la risposta a quelle domande poteva mettere in dubbio delle cose che davamo per scontate.

Il secondo incontro ci ha portati a riflettere sulla domanda: “Come sappiamo di avere ragione?”; da questa domanda è nato un bel confronto tra noi studenti, che si è poi sviluppato nella centralità del pregiudizio e del preconcetto, ma non solo; ognuno di noi, anche il più magnanimo, vorrà sempre avere ragione e proprio per questo dovremmo imparare a fare un passo indietro ogni tanto e accettare che spesso avremo torto.

Se continueremo ad essere così ostinati a prevalere sugli altri, non riusciremo mai a vivere in un mondo in cui convivono tantissime idee tutte diverse tra di loro. Questa ostinazione ci porterà a isolarci da chi la pensa in maniera differente dalla nostra e a rintanarci nelle sempre più diffuse echo chambers (argomento affrontato nel sesto incontro), dove stiamo solo con persone che, pensandola come noi, ci daranno ragione compiacendoci; ma così non avremo mai quei confronti che ci aiutano a crescere.

E’ fondamentale imparare a mettere sempre più in discussione le proprie certezze; uno dei fini ultimi della vita non è avere ragione, ma crescere: sbagliando che si impara.

Il progetto S.O.L.E. mi ha portata a confrontarmi con i miei compagni ed apprezzare la diversità delle idee e a fare ogni tanto un passo indietro per permettere un dialogo vero e sincero, cercando di imparare il più possibile dagli altri.

Anna Giubellini

“Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze.” (N.Bobbio, Politica e cultura)

Se mi chiedessero di usare un aggettivo per descrivere il progetto S.O.L.E., direi anticonvenzionale; un progetto diverso dagli altri, dove siamo stati in prima persona gli argomenti del progetto, le nostre esperienze sono state l’elemento per confrontarci tra di noi. Guidati dal sociologo Riccardo Lodi ci siamo imbattuti in argomenti a cui non avevamo mai fatto fronte, a cui non avevamo mai dato così tanto peso. 

”Come sappiamo di avere ragione?” Questo è stato l’incipit del nostro secondo incontro con il dottore Lodi, incontro che ha fatto emergere importanti aspetti sul carattere e sul comportamento di tutti noi; confrontandoci abbiamo concluso che la ragione, essendo un fatto relativamente soggettivo, non potrà mai essere sempre veritiera per tutti. Ci sono casi in cui prevale un’idea individuale, altri dove a guidare è  l’idea della massa; avere ragione oggi è un modo per marcare la propria personalità e le proprie convinzioni, questo a volte ci porta a soffocare le idee altrui e ad essere irrispettosi, alzando la voce o insultando colui con cui si ha un confronto.In una discussione bisognerebbe sempre anteporre il rispetto verso il punto di vista altrui, che vada contro o a favore delle nostre idee; le quali spesso sono basate su esperienze personali o pregiudizi, dunque è normale non avere la stessa concezione su uno specifico argomento.  

Il progetto S.O.L.E., interattivo e moderno rispetto a tutti gli altri progetti a cui ho partecipato, differenziandosi per la modalità di lavoro, ha lasciato in ognuno di noi nuove domande e poche sicurezze; ma dopotutto gli intellettuali sono dispensatori di incertezze e non risposte, quello tocca ai saccenti e agli sciocchi che vagano nelle loro verità.  

                                                                                                                                                                                                                                Gaia Ippoliti

La sicurezza incerta. Il mio cammino all’interno del progetto S.O.L.E.

Nulla è certo, tutte le idee e le opinioni che hai maturato non sono sicure, non si può sapere se sono vere o false. L’unica cosa certa è che il progetto S.O.L.E. ti farà ragionare su questo mettendo in discussione qualsiasi cosa tu dica, pensi o trovi, dalla più scontata al dilemma più complicato. La certezza non esiste perché ci sarà sempre qualcuno che le distruggerà le fondamenta, facendo crollare il palazzo solido e compatto che era: questo è ciò che ho capito, e che personalmente mi ha colpito e messo in crisi. 

Durante tutto il corso degli incontri non sono mai riuscito a raggiungere una risposta che rispondesse pienamente alle domande che mi ponevano, come se fosse stata sempre presente una piccola crepa all’interno, un difetto che alla fine faceva tremare e smentiva tutti i miei ragionamenti. 

Ma come posso raggiungere una conclusione se ogni volta che mi avvicino all’arrivo il traguardo si sposta avanti, se mi perdo in un labirinto di ragionamenti senza un’uscita e che gradualmente si infittiscono sempre di più?  La persona che ha causato tutto questo è stata Riccardo Lodi, il responsabile del progetto, la mia pulce nell’orecchio, che sicuramente mi ha mostrato problemi che non c’erano o semplicemente non vedevo, ma mi ha anche convinto su una cosa: non potrò mai essere sicuro di quello che penso, ci sarà sempre un momento in cui arriverà un particolare, un piccolo elemento ma estremamente importante che dovrò aggiungere al mio pensiero.

                                                                                                                                                                                                                         Giacomo Masino

Molte delle cose che studiamo e che affrontiamo a molti di noi sembra servano principalmente per passare l’anno, garantendo pochi spunti realmente utili per il nostro futuro; questo progetto invece è risultato utile a tutti; è una luce, un punto di riferimento per noi ragazzi. Abbiamo parlato di argomenti molto importanti, ad esempio come vivere e discutere in una società o, secondo me il più interessante, le dipendenze e la vita in generale degli adolescenti

Tutte le classi di qualsiasi età ogni anno dovrebbero fare un progetto come questo in cui si parla di argomenti diversi a seconda dell’età, bisognerebbe inserirlo nel programma obbligatorio da svolgere in un anno scolastico poiché permette ai giovani di aprire gli occhi sul mondo, di capire i pericoli che la vita ci mette davanti e come affrontarli. Abbiamo cambiato il modo di vedere il mondo, abbiamo capito che non ci si può fidare del primo che capita, che non si può avere sempre ragione e che bisogna imparare ad ascoltare gli altri e mettere almeno in discussione la nostra opinione. 

La cosa però in assoluto più importante del progetto è dare la possibilità ai giovani di esporre la propria idea, di parlare insieme di argomenti che di solito non vengono discussi con qualcuno. Il progetto è infatti basato sull’interazione tra i giovani con un sociologo che è pronto a fare chiarezza su concetti complicati per gli alunni.

Ora abbiamo la possibilità di vivere  più attenti a pericoli nella vita sia reale che online, più attenti agli altri, con un uso più consapevole della tecnologia e soprattutto siamo a conoscenza di concetti che ci saranno sicuramente molto utili in futuro. Spero di avere altre possibilità, anche fuori dalla scuola, per poter parlare di argomenti simili a quelli trattati in questi incontri perché per noi giovani avere anche solo una possibilità di affrontare certe questioni è fondamentale.

   Alberto Rancati, Andrea Pietrantuono 

“Il cervello umano può essere manipolato?”

Questa è stata la domanda che ha dato il via a una riflessione profonda e coinvolgente, che ha suscitato molte incertezze durante il progetto S.O.L.E. (Self Organised Learning Education). Un percorso di crescita sociale e autoconsapevolezza per i giovani. Si tratta di n’iniziativa educativa che offre agli adolescenti l’opportunità di sviluppare capacità critiche e sociali, stimolando la loro autoconsapevolezza. Il fine di quest’attività è quello di formare una generazione più consapevole, che sappia affrontare le sfide del mondo moderno e gli ostacoli che esso implica, con un pensiero  più critico e maggiore responsabilità. In un’epoca in cui le informazioni sono spesso distorte e il cambiamento è rapido.

In un primo momento, sembrava solo una domanda astratta, ma man mano che la discussione si è sviluppata, i nodi si sono sciolti, e le idee hanno iniziato a fluire, portando a una comprensione più ampia del tema. Questo momento di confronto mi ha spinto a pensare più a fondo alla domanda, rivelando la sua reale complessità.

La riflessione mi ha fatto realizzare che, ogni giorno, siamo costantemente esposti a una forma di manipolazione, spesso senza nemmeno accorgercene. Seguiamo routine quotidiane, come guardare il telefono ogni volta che ne abbiamo l’occasione, leggere cartelli pubblicitari mentre guardiamo fuori dal finestrino dell’autobus: siamo influenzati da questi piccoli momenti. I video pubblicitari che ci appaiono sui social media mentre scrolliamo, agiscono silenziosamente sulla nostra mente, alimentando desideri che spesso non riusciamo contrastare. Un esempio lampante di questa manipolazione è l’industria del gioco d’azzardo, che sfrutta strategie mirate a coinvolgere attivamente coloro che navigano sul web. Molti giochi e applicazioni sono progettati per farci credere che possiamo vincere denaro, spingendoci a giocare più a lungo e a spendere di più. Le vittorie e le sconfitte sono orchestrate in modo tale da stimolare il nostro cervello, inducendoci a continuare a giocare, ignorando i rischi che questo comportamento comporta. La frequenza e l’efficacia di questi metodi mi spaventano, in quanto sono sempre più pervasivi e difficili da contrastare.

Riflettendo su tutto ciò, credo che sia fondamentale sensibilizzare la società, ma in particolare le nuove generazioni, riguardo ai meccanismi psicologici nascosti in molte delle scelte quotidiane. Educare alla consapevolezza dei propri comportamenti e alle influenze che ci circondano è la chiave per una generazione più forte e preparata a navigare un mondo sempre più complesso e interconnesso. L’invito a una riflessione critica e a un confronto aperto è cruciale, poiché consente di affrontare le difficoltà del nostro tempo con strumenti più solidi e una maggiore responsabilità personale.l

   Daniel Gianlupi, Elia Pietralunga, Federico Zagni

 

Pensieri ed opinioni differenti

L’’idea di svolgere una serie di incontri guidati da un sociologo e incentrati sul nostro modo di vivere e di pensare non mi entusiasmava; ma, dopo le prime lezioni, ho dovuto ricredermi: domande, confronti, dubbi, incertezze, riflessioni, interventi, niente di giusto o sbagliato, più persone parlano, meglio è. Ad ogni incontro una domanda da cui prendere spunto per ricerche e sviluppo di pensieri personali o in piccoli gruppi che, mischiati a quelli degli altri, portavano sempre ad un fine comune. 

Abbiamo parlato di verità, giustizia, relazioni e opinioni. La domanda migliore? Beh, tutte erano diverse, ma spesso portavano a risposte simili tra loro. Personalmente considero più intrigante la domanda sulla capacità di una macchina di prendere decisioni, poiché  ha fatto sorgere in me tanto interesse e molte contraddizioni che sono riuscito a risolvere grazie alla guida del sociologo e ai diversi punti di vista forniti dagli altri.

 Durante il progetto ho ritenuto positivo e necessario il confronto con i miei compagni, sia in piccoli gruppi che tutti insieme, poiché ciò mi ha permesso di paragonare la mia opinione alle loro. Ma oltre a questo, ho apprezzato molto la possibilità di poter parlare senza essere giudicati, ma ben accettati; questo mi ha stimolato ancora di più a seguire il progetto con entusiasmo. 

Ora, finiti gli incontri, posso ritenermi contento e soddisfatto del lavoro svolto e sarei felice di effettuare l’attività in nuove occasioni, per stimolare sempre di più il pensiero critico e le conoscenze su argomenti diversi da quelli affrontati durante la vita di tutti i giorni.

                                                                                                                                                                                                                                    Francesco Fersini

La mente degli adolescenti

S.O.L.E. pensavo fosse un progetto sulla felicità, ma in realtà è un’iniziativa della scuola mirata a migliorare le capacità critiche degli studenti. Sei incontri, sei domande. La più interessante secondo me è stata la seguente: “come reagisce il cervello di un adolescente davanti ad una ricompensa?”. Senza pensarci la mia risposta è stata: “se voglio quella ricompensa mi impegno per averla” .

Nella vita, ci troviamo spesso a inseguire delle ricompense, che siano materiali, emotive o professionali. Ma non sono tutte uguali. Alcune sono facili da ottenere, per le quali l’adolescente si impegnerà ad ottenerle con minimo sforzo. Altre richiedono un impegno maggiore e possono dividersi in ricompense che servono e in quelle che piacciono. Le più complicate, secondo me, sono le ricompense che  servono, quelle che ti cambiano la vita, quelle che ti danno grande soddisfazione, ma richiedono tanto sforzo, come una promozione in ambito lavorativo oppure un bel voto a scuola. Le ricompense che piacciono, come un paio di scarpe alla moda, potrebbero sprecare le tue forze ed il tuo tempo per ottenere qualcosa di  inutile senza la quale vivresti bene lo stesso.

                                                                                                                                                                                                                                   Cristian Guzzo

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