Le mafie non sono un male lontano, astratto, relegato alle pagine di cronaca nera o allo scenario violento di una serie tv. Non sono nemmeno un fenomeno confinato al Sud, come ancora troppo spesso si tende a credere. Sono una rete che si insinua nei territori con discrezione e brutalità, capace di inquinare il tessuto economico, sociale e politico ovunque trovi terreno fertile. Anche nel Nord Italia, dove il radicamento mafioso è ormai una realtà consolidata, la loro presenza si manifesta in appalti truccati, aziende infiltrate, intimidazioni silenziose e legami opachi con il potere. Non servono coppole e lupara: oggi le mafie parlano il linguaggio della finanza, si muovono tra uffici e consigli di amministrazione, corrompono, minacciano, si camuffano da rispettabilità. E mentre lo fanno, soffocano la libertà di impresa, alterano la concorrenza, condizionano la politica e plasmano la società a loro immagine, seminando paura e assuefazione.
Grazie all’incontro con il colonnello Marco Nieddu della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Torino, abbiamo avuto l’opportunità di approfondire il fenomeno mafioso in tutta la sua complessità. È stata un’occasione per comprendere la differenza tra associazione a delinquere e criminalità organizzata, le radici storiche e sociali delle principali mafie italiane – Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita e camorra – e le modalità con cui queste si infiltrano nei diversi settori della società. Spesso si tratta di un’azione silenziosa, nascosta sotto l’apparenza della legalità, ma non per questo meno pervasiva e dannosa.
Il colonnello Nieddu ha illustrato anche il lavoro della DIA, nata nel 1991 da un’intuizione di Giovanni Falcone. Durante le sue indagini sulle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni, il magistrato si rese conto che gli strumenti investigativi a disposizione – seppur efficaci contro i livelli più bassi dell’organizzazione criminale – non erano sufficienti per colpire le strutture di vertice. Da qui l’idea di un’agenzia specializzata nella lotta alla criminalità organizzata, che diventò operativa nel gennaio 1992. Pochi mesi dopo, Falcone e Borsellino sarebbero stati assassinati in due attentati che hanno segnato profondamente la storia del Paese.
L’incontro con il colonnello Nieddu è stato fondamentale per comprendere l’architettura della lotta alle mafie, che si sviluppa su più livelli: investigativo, giudiziario e politico-amministrativo. La repressione è essenziale, ma altrettanto cruciale è la prevenzione, che passa attraverso la consapevolezza e l’educazione alla legalità. Le mafie prosperano sull’ignoranza e sull’indifferenza: la cultura è uno strumento potente per contrastarle. Riflettere su come anche una scelta apparentemente insignificante – come l’acquisto di uno spinello – possa alimentare il sistema criminale significa riconoscere la nostra responsabilità di cittadini. Ogni nostra azione può contribuire a rafforzare o a indebolire la rete mafiosa.
Un ringraziamento speciale al colonnello Nieddu per averci offerto questa importante occasione di confronto, che ci ha aiutato a comprendere quanto sia fondamentale il ruolo di ciascuno di noi nella costruzione di una società libera dalla criminalità organizzata.
Gli alunni e le alunne della classe 5°B