Ho seguito la mia stella: intervista a Marco Ponzini

Il primo ex studente del Bertolucci intervistato per la rubrica Ho seguito la mia stella è Marco Ponzini (5B 2023 24)

A Marco non sono mai piaciute le etichette: che fosse copywriter, marketer o scrittore. Ha sempre cercato di definirsi secondo le attitudini: è il tipo che scrive sul diario con la stilografica e quando entra in una libreria ci resta per ore. Ama le conversazioni profonde,ma,come dice lui “a volte spara cavolate”. Ha finito il liceo l’anno scorso, ora lavora tanto (decisamente troppo) e da poco è diventato anche poeta. Infatti lo scorso dicembre ha pubblicato il suo primo libro di poesie, Nessuno ha ancora trovato Atlantide. 

Perché hai scelto la poesia e non un’altra forma d’arte per esprimerti?

Sarò sincero: non credo di aver scelto la poesia, non c’è mai stato un momento in cui mi sono chiesto come esprimermi. Penso sia stata la poesia a scegliere me, quasi per caso: inizi leggendo un classico, ti appassioni, poi provi a tenere un diario, ne parli con gli amici, ti poni domande. Gli anni passano e, senza accorgertene, sei perdutamente innamorato di quell’arte. La poesia mi ha insegnato il valore del vuoto, perché anche la migliore delle poesie non occupa mai la totalità della pagina.

Cosa ti ha spinto a far uscire dal cassetto le tue poesie?

Condividere le mie poesie è stato difficile. Più di una volta mi sono chiesto se non fosse meglio pubblicare qualcosa d’altro. Eppure, alla fine, il desiderio di condividere la mia voce, il mio modo di vedere la realtà, le mie sensazioni ha vinto su tutto. Pubblicare le mie poesie mi ha fatto sentire fragile, ma una fragilità bella, profonda, che prima non conoscevo. Ed è proprio attraverso questa fragilità che sto imparando a conoscermi davvero in profondità.

Quando hai iniziato a scrivere poesie?

La prima poesia l’ho scritta l’11 novembre 2023. Avevo da poco finito di leggere una serie di raccolte di Bukowski e mi è venuta voglia di provare a scrivere anche io delle poesie. Ricordo che era fine ottobre quando ho sentito per la prima volta quell’impulso. Un po’ sorpreso, ho deciso di aspettare due settimane. Nel caso fosse passato, non avrei scritto nulla. Ma più i giorni passavano, più quella voglia cresceva. Così, l’11 novembre, ho scritto la mia prima poesia. E da allora, non ho più smesso.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Trovo ispirazione nella quotidianità, nelle domande a cui non ho una risposta, nella musica, nelle conversazioni casuali tra sconosciuti mentre ti alleni in palestra. Personalmente, penso che l’ispirazione non sia in una fonte, ma negli occhi di chi la cerca. Molte volte mi ritrovo in silenzio ad osservare un evento. E’ che nella mia testa, mentre guardo, comincio già a pensare a cosa scrivere. 

Qual è, secondo te, la tua “Atlantide”? Pensi di averla raggiunta?

La mia Atlantide sarà sempre l’amore.

L’amore che metti in ciò che fai (una passione), una relazione, un’amicizia, la famiglia, o anche in un semplice gesto quotidiano come aiutare una signora anziana dal panettiere o sorridere a uno sconosciuto che incroci camminando per strada. Penso di averlo raggiunto? No: l’amore ideale è irraggiungibile, è una meta troppo lontana, è un’illusione che ci serve per continuare a vivere, proprio come Atlantide.

Quale tra le tante poesie ti rappresenta meglio nel momento attuale?

Ogni poesia che ho scritto mi ha accompagnato in un momento della mia vita. Ce ne sono alcune molto personali, altre più astratte, e poi ci sono quelle che non so nemmeno perché ho scritto, come se fossero emerse dal nulla.

Ora, dopo averle rilette centinaia di volte, penso che quella che mi rappresenta meglio in questo momento sia “Finalmente il mio giardino si è bucato”.

Finalmente il mio giardino si è bucato

Finalmente il mio giardino si è bucato.

Ora posso vedere il centro del mondo

e divertirmi a perdere l’equilibrio

tra i viaggiatori che hanno toccato

una goccia dello sfondo.

Voglio tornare qui

se la vita dura più d’un giorno,

rileggere lo scibile in uno sguardo

e dileguarmi nell’eco di un pozzo profondo.

Un po’ assurda, ma rispecchia alla perfezione l’esaltazione alla vita che ho in me. In questi mesi vengo mangiato dalla voglia di vivere, di essere, di dare agli altri e soprattutto di fare.  Amo perdere l’equilibrio, ritrovarlo in un centro temporaneo e ammirare due occhi appassionati parlare di ciò che amano. 

Quale consiglio daresti ad uno studente/una studentessa per convincerlo/a ad ascoltare e seguire il proprio daimon?

Il mio consiglio più grande è questo: fate qualche cavolata. Vi prego: fate qualcosa di diverso. 

Troppe persone rincorrono un ideale che non esiste.

Nessuno vi dice che dovete fare per forza l’università dopo il liceo, o fare lo stesso lavoro per 40 anni. Nessuno vi dice che dovete sapere cosa fare della vostra vita quando siete ancora adolescenti. 

Alla fine, nessuno sa davvero cosa sta facendo, quindi tanto vale ascoltare quello che voi davvero volete fare… la vita è troppo breve per inseguire un sogno che non sia il vostro.

Chiara Boschi 3E

 

 

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