La ragazza sul divano – commento

Non lo so. 

Non so chi sono. Non so cosa sono. Non so cosa voglio né perché lo voglio. Non so perché soffro. Ma soffro.

Non so niente. È una battuta iterata, una costante di tutta la rappresentazione teatrale.

Al centro della scena una donna di mezza età, cerca di dipingere il ritratto di una ragazza seduta su un divano, combattendo contro i dubbi sulle proprie capacità artistiche e contro il dolore di tutta una vita trascorsa in solitudine.

La ragazza nella tela non è altro che il ritratto di lei stessa in anni passati, sofferente per mille ferite affettive che non si rimargineranno mai, continuando a sanguinare.

A poco a poco compaiono di fianco alla donna il suo alter ego da ragazza, seduta su un divano, e le altre figure della sua famiglia: la madre distante, distaccata e quasi anaffettiva con la quale ha sempre avuto un pessimo rapporto; la sorella maggiore sessualmente disinibita, che ha tanto invidiato; un padre assente, molto amato, sostituito dalla figura dello zio.

Il movimento simultaneo di questi personaggi e la sovrapposizione dei diversi piani temporali conferisce alla rappresentazione teatrale profondo dinamismo, pur nella staticità di una ragazza che non si muove dal divano e di una donna che non esce di casa per dipingere i suoi ‘insignificanti’ quadri.

I personaggi del presente e quelli del passato non dialogano ma le loro battute si richiamano per echi.

Il tempo è il vero protagonista ed è una gabbia paralizzante da cui non si esce: tutto è fissato una volta e per sempre nell’incertezza e nella sofferenza.

Non c’è remissione, perdono, empatia, comprensione. Solo solitudine e indifferenza che hanno reso una piccola donna capace di vedere più chiaramente, sentire e percepire più intensamente.Una qualità onerosa da possedere per la protagonista che sa vedere la vita, ma non riesce a dipingerla.

La vita è troppo complessa. E troppa è la testardaggine nella pittrice.

Troppo è il dolore della ragazza.

Troppa la sfacciataggine della sorella.

Troppa la distanza di una madre e di un padre dalle loro figlie.

Troppa soppressa sofferenza. Troppa silenziosa disapprovazione.

Troppa confusione.

Troppo e niente.

Perché anche sapendo tutto questo, non si sa niente.

Niente è quello che la ragazza fa sul divano.

Niente è quello che prova la sorella per gli uomini.

Niente è quello che la madre fa per le sue figlie.

Niente è quello che si sa del padre lontano nel mare.

Niente è quello che rappresentano i quadri della donna.

Lo spettacolo teatrale è un affresco, un dipinto che costringe lo spettatore a osservare luci e ombre tra gli oggetti e tra i personaggi.

È una tela sulla quale i personaggi prendono forma uno dopo l’altro, inizialmente piatti senza spessore psicologico, risultano essere, poi, profondi come i fondali marini.

(Commento dell’opera teatrale La ragazza sul divano di Jon Fosse- Teatro Due 27.03.2024)

Federica Ferrari 4E

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