“La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla. Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale”.
Questo è il comunicato che il popolo italiano ha sentito al TG1, TG2 e TG3 il 12 Aprile 2024, e manifesta il rifiuto dei giornalisti Rai di trasformare la televisione pubblica nel megafono della maggioranza del governo Meloni.
Questa situazione si è venuta a creare nel momento in cui il governo ha deciso di adottare una manovra mai adottata prima nella televisione, ovvero la modifica della par condicio, che garantisce ad ogni partito politico, che esso sia in maggioranza o in opposizione, di avere lo stesso spazio in televisione. Ciò che vuole il governo Meloni è che solo i rappresentanti del governo abbiano la possibilità di parlare nei talk senza contraddittorio, ovvero senza una posizione diversa che confuti quanto affermato, e senza limiti di tempo.
A tale presa di posizione gravissima, si aggiunge una nuova proposta di legge del senatore Giovanni Berrino, di Fratelli d’Italia: “Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’ altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa, che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50mila a 120mila euro. Se si sa che l’offeso è innocente la pena aumenta da un terzo alla metà, cioè fino a 4 anni e mezzo di carcere”.
Tale proposta venne poi ritirata e attenuata, ma funge d’allarme per una pericolosa presa di potere da parte del governo di maggioranza dell’informazione sulla televisione pubblica, a pochi mesi dalle elezioni europee.
Tuttavia, non è una novità che il governo Meloni abbia una tendenza alla censura e alla negazione del confronto da quando ha preso il potere, tanto che figure di spicco nella Rai come Bianca Berlinguer, Fabio Fazio e di recente anche Amadeus hanno deciso di andarsene o sono stati cacciati. Inoltre, il Presidente Meloni non ha mai, tranne in rarissimi casi, fatto conferenze stampa, e si fa solo intervistare da giornalisti apertamente di parte, come Bruno Vespa. Il completo rifiuto di ogni opposizione in Rai è evidenziato anche dalla proposta di legge di Febbraio 2024 della Lega dopo il Festival di Sanremo, che proponeva il daspo agli artisti “che fanno politica sul palco dell’Ariston”, come Ghali e Dargen d’Amico. Ricorderete in proposito l’improvviso comunicato letto da Mara Venier: « Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica è sentita e convinta». Mara Venier ha commentato dicendo: «Sono le parole che ovviamente condividiamo tutti, del nostro Amministratore delegato Roberto Sergio».
Questo controllo dell’informazione pubblica, dovuta anche al fatto che i nuovi dirigenti Rai sono stati scelti dal governo, ha portato a decine di manifestazioni e presidi pubblici delle sedi Rai, ovviamente repressi con la violenza, e al comunicato dei giornalisti Rai del 12 Aprile, sopra citato. Questo è un segnale di speranza e di forte presa di posizione da parte di chi ha la grande responsabilità e il dovere di informare adeguatamente e imparzialmente i cittadini italiani.
Tuttavia, questa presa di posizione per ora non ha portato a nessun miglioramento: la narrazione fatta nei telegiornali del conflitto israelo-palestinese rimane sempre dalla parte di Israele e la parola “genocidio” non viene nominata neanche una volta, se non per citare le parole delle manifestazioni studentesche, anch’esse represse con la forza e i manganelli.
Altri esempi di narrazioni non imparziali? Bruno Vespa parla di aborto a Porta a Porta insieme a sette uomini anziani, come se le donne non fossero coinvolte nel dibattito e, fatto più grave, ieri sarebbe dovuto andare in onda un discorso sul 25 Aprile di Antonio Scurati. Eccolo:
“Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, il Presidente Meloni, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.
Questo discorso è stato censurato dalla Vigilanza Rai prima di andare in onda, per “motivi editoriali”. Il monologo è stato letto lo stesso in diretta su Rai3 da Serena Bortone, conduttrice del programma a cui avrebbe dovuto partecipare lo scrittore, e da Roberto Vecchioni e da Massimo Gramellini su La7.
La giustificazione di Giorgia Meloni? “In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta smontando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile. La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo. Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni: 1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. 2) Perché gli italiani possano giudicare liberamente il contenuto.”
Questa giustificazione risulta inefficace e contraddittoria, in quanto è stata pubblicata la mail dove è scritto chiaramente che il contratto di Scurati viene rescisso per motivi editoriali e non economici; inoltre se un monologo sul 25 Aprile dove viene chiesto al governo di dichiararsi antifascista viene considerato “propaganda di parte”, il Presidente sta dando ragione a quella parte.
Segue la risposta di Scurati: “ Gentile Presidente, leggo sue affermazioni che mi riguardano. Lei stessa riconosce di non sapere “quale sia la verità” sulla cancellazione del mio intervento in Rai. Ebbene, la informo che quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l’entità dell’impegno. Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria. Io non ho polemizzato con nessuno, né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda. Io ho solo accolto l’invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall’agenzia che mi rappresenta e perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto. La decisione di cancellare il mio intervento è evidentemente dovuta a “motivazioni editoriali”, come dichiarato esplicitamente in un documento aziendale ora pubblico. Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato. Continua a esserlo ora che si sposta il discorso sulla questione evidentemente pretestuosa del compenso. Pur di riuscire a confondere le acque, e a nascondere la vera questione sollevata dal mio testo, un capo di Governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo. Questa, gentile Presidente, è una violenza. Non fisica, certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?”
I giornalisti Rai si sono mobilitati nuovamente in un nuovo comunicato del sindacato dei giornalisti Rai Usigrai, mandato in onda nel TG1 del 20 Aprile: “Il controllo dei vertici della Rai sul controllo del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità 2 canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati, a cui era stato affidato un monologo sul 25 Aprile in una rete Rai 3 ormai stravolta nel palinsesto irriconoscibile ai telespettatori. La stessa azienda che ha speso 6 milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l’esclusione di Scurati, motivazioni già smentite dai fatti. Siamo di fronte a un sistema pervasivo di controllo che viola i princìpi del lavoro giornalistico. L’Assemblea dei Comitati di Redazione della Rai Mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e ha approvato 5 giorni di sciopero. Gentili telespettatrici e telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale.”
È quindi fondamentale che ognuno di noi combatta per un’informazione libera e imparziale, e che i giornalisti ci presentino sempre le diverse posizioni riguardo un argomento, lasciando liberi i cittadini di costruirsi una propria opinione e di agire di conseguenza. Resta quindi da ribadire quanto affermato da Antonio Scurati: “Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.”
Samuele Argento VF