Israele e Palestina: il vizio del sopruso di Stato

Di giorno in giorno e sempre più spesso, inevitabilmente ognuno di noi inciampa in una domanda annosa, risalente a ben prima di quel 1948, anno in cui è stato fondato Israele, lo Stato ebraico. Gli israeliani da allora vivono il loro diritto all’ autodeterminazione come una questione fondamentale. C’è un altro quesito che altrettanto in coscienza ciascuno di noi si pone alla vista di ciò che ci rimandano i media da quella parte di mondo:  i palestinesi che cercano l’indipendenza e la creazione di uno Stato palestinese, con il diritto al ritorno dei rifugiati e la restituzione dei territori occupati da Israele, non hanno diritti?

La comunità internazionale ha cercato di mediare e promuovere una soluzione pacifica a questo conflitto. In generale, la pace e la stabilità nella regione richiedono compromessi e negoziati tra le parti. La risposta ai nostri dubbi, alle nostre malcelate paure di occidentali privilegiati, può variare a seconda del punto di vista personale, certo; ma la soluzione sostenibile dovrebbe cercare di soddisfare i diritti e le aspirazioni di entrambe le parti.

Facciamo un passo indietro: l’inizio del conflitto odierno, secondo molti, risale al 1947, quando le Nazioni Unite votarono, in seguito allo sterminio di gran parte degli ebrei europei durante l’Olocausto, per la spartizione della Palestina in due Stati: uno ebraico (Israele) e uno arabo (che non decollò). La lotta tra gruppi armati ebrei, alcuni dei quali erano considerati organizzazioni terroristiche dai britannici, e i palestinesi si intensificò fino alla dichiarazione d’Indipendenza di Israele nel maggio 1948.

Ci furono delle rivendicazioni territoriali: entrambi i paesi reclamarono il territorio che reputavano la loro patria di origine. Secondo Israele quello è il loro Stato.

Il 14 maggio 1948, dopo la Dichiarazione di Indipendenza israeliana, scoppiò una guerra tra i paesi arabi e Israele riuscì comunque ad appropriarsi dei suoi territori.

Le sacre scritture ebraiche pretendono il territorio come terra ebraica. Questo è un fatto chiave dell’identità nazionale israeliana, che risiede nelle Antiche scritture del Vecchio Testamento.

Il governo britannico sostiene nel 1917 la “Dichiarazione di Balfour”, ossia la realizzazione di uno Stato ebraico e nel frattempo gli ebrei scappano dall’Europa per via delle persecuzioni.

Israele gode dell’appoggio degli Stati Uniti e del mondo occidentale. Dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, Israele guadagna il sostegno del blocco occidentale, la Palestina e i Paesi arabi quello dell’URSS e degli Stati socialisti.

Gli Stati Uniti considerano lo Stato ebraico un avamposto dell’Occidente in Medioriente e uno strumento per tenere a freno le ambizioni dei Paesi ostili. Inoltre gli Stati Uniti sostengono Israele sia dal punto di vista militare sia da quello politico. L’Unione Europea, invece, è legata a Israele sul fronte militare. Israele, ha stretto rapporti diplomatici e commerciali con quasi tutti i Paesi del mondo, con l’eccezione della maggior parte dei Paesi arabi e di alcuni Stati a maggioranza islamica.

La diplomazia israeliana è agevolata dalla presenza di comunità ebraiche in molti Paesi. Gli ebrei sono sparsi in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti e sono poco meno di 15 milioni.

Passando ora allo scoppio della guerra del 7 ottobre 2023, dal punto di vista israeliano, Hamas ha torto perché è un gruppo terroristico che ha lanciato razzi contro Israele, causando vittime civili, il che rappresenterebbe un grave pericolo per la sicurezza dello Stato ebraico.

Lo Stato Ebraico, attaccato da Sud, rischia di essere attaccato anche da Nord dalle milizie di Hezbollah (che nel frattempo ha ‘divorato’ il Libano), e potrebbe subire attacchi terroristici causati dagli jihadisti radicati in Cisgiordania.

I territori palestinesi, invece, non sono costituiti concretamente in uno Stato e sono controllati militarmente da Israele, ma alcune porzioni della Cisgiordania sono amministrate dall’Autorità nazionale palestinese (che formalmente controlla anche Gaza, dove però il potere è di fatto detenuto da Hamas).

Hamas non è né la Palestina né la sua storia, ma un movimento terroristico che trae forza dalla frustrazione e dai soprusi a cui sono stati soggetti i palestinesi. I palestinesi, dal canto loro, sono diventati solo uno strumento della guerra che i paesi arabi hanno mosso contro Israele.

Paesi arabi che avrebbero potuto tranquillamente risolvere il problema dei profughi (determinato dalle guerre scatenate e perse dagli arabi contro Israele) ma non hanno mai voluto farlo, proprio perché i profughi palestinesi erano e sono una potente arma politica e ideologica.

Gli israeliani, a loro volta, hanno violato le risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedono la restituzione dei territori occupati in guerra ma appartenenti al mai nato stato palestinese.

Ma finché i palestinesi continueranno ad attaccare Israele con attentati terroristici e saranno strumento nelle mani della Siria e dell’Iran per continuare a perseguire l’obiettivo di annientare Israele e il popolo ebraico, è del tutto ovvio che Israele non cederà di un millimetro dalle proprie posizioni, anzi, ne acuirà l’intensità e la ferocia.

Israele si sente autorizzata a combattere chi tenta di annientare la sua esistenza, rafforzando il pensiero nazionalista che vede gli “arabi tutti” ostili a Israele fin dalla Dichiarazione d’Indipendenza israeliana del 1948 e le spartizioni delle terre a fine mandato britannico. Una sorta
di “revenge antisemitism”.

Israele ha anche ottenuto il riconoscimento ufficiale da parte di molti paesi e organizzatori internazionali. Questo riconoscimento conferisce una legittimità al suo status come stato sovrano, concedendo a Israele il diritto di agire come qualsiasi altro stato nel difendere il proprio territorio e la propria popolazione. Ha inoltre investito molto nella regione, sviluppando un’economia moderna e dinamica che ha creato molte opportunità di lavoro e migliorato la qualità della vita della popolazione araba in Israele. La Palestina non ha fatto lo stesso, ed è in gran parte dipendente dagli aiuti internazionali.

Al di fuori del mondo arabo, tra i Paesi che sostengono la posizione palestinese ci sono quelli che hanno contrasti con gli Stati Uniti, tra i quali il Venezuela, che ha rotto le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico nel 2013, Cuba e la Corea del Nord.

Per quanto riguarda i diritti umani, Israele sottolinea che, nonostante le difficili circostanze del conflitto, fa del suo meglio per rispettare i diritti umani dei palestinesi. Purtroppo le notizie delle ultime settimane hanno smentito questa affermazione: le ultime immagini della Striscia di Gaza mostrano inequivocabilmente la violenza con cui l’esercito israeliano sta cercando di estirpare Hamas, radendo al suolo palazzi e distruggendo tutto ciò che incontra. Le innumerevoli accuse contro Israele di violazioni del diritto internazionale contro la popolazione palestinese non sono certo cominciate con la guerra attuale, che, però, le ha ulteriormente aumentate.

E’ innegabile che le azioni terroristiche di Hamas siano da condannare  e lo stesso andrebbe fatto per la spropositata risposta di Israele.

La fine dello scontro sembra, al momento, ancora lontana e sicuramente non favorita dai veti degli Stati Uniti posti alle richieste di cessate il fuoco votate all’Onu. Solo il futuro potrà dirci come volgerà questa guerra, se rimarrà isolata o se si espanderà altrove.

Diletto Rosario Emanuele
Zecca Nicole
5° Musicale

 

foto da  https://www.theitaliantimes.it/2023/10/08/hamas-israele-storia-radici-di-guerra-secolare/

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