Le acque del rito: Acque taumaturgiche – Rubrica acquatica vol. 15

Nella primavera del 2005 uno sbancamento effettuato nel corso di lavori edili nella zona sud di Noceto ha portato alla luce un sito archeologico dell’Età del Bronzo con una gigantesca vasca costruita nel XV secolo a.C. e rivestita in legno. La vasca di Noceto, struttura più antica, più grande e meglio conservata tra tutte quelle finora rinvenute in Italia, rivela un’accurata progettazione, approfondite nozioni di ingegneria, geotecnica e silvicoltura, raffinata carpenteria, grandi capacità organizzative ed un ingente investimento di lavoro e risorse. Per la sua realizzazione fu scavata una cavità di 20 x 14 metri e profonda oltre 4, entro la quale fu costruita la vasca, ampia 12 x 7 metri. Il perimetro fu rivestito di assi messe di taglio, fermate da 24 pali verticali alti più di 3 m, posti a distanze regolari. I sedimenti che colmano la vasca dimostrano che essa è sempre stata colma d’acqua: questo fatto, insieme alla natura impermeabile del terreno argilloso, è la causa della conservazione della struttura e degli oggetti lignei. Resta da spiegare come la vasca, che ha una capacità di oltre 1500 metri cubi, sia stata riempita d’acqua ed alimentata per almeno cento anni, tanto più che essa si trovava in una zona collinare dove l’acqua non poteva affluire per gravità. All’interno della vasca sono stati rinvenuti molti oggetti, fra i quali un centinaio di vasi, databili tra la fine del XV e la fine del XIV secolo a.C. nella fase avanzata del Bronzo medio. La loro posizione, con l’imboccatura in alto, indica che non sono stati gettati, ma accuratamente deposti: è questo il principale indizio per attribuire una funzione rituale alla vasca di Noceto. Si veda, a cura dell’Università degli Studi di Milano, il volume “Acqua e civiltà nelle terramare. La vasca votiva di Noceto, Skira, Milano 2009.

Noceto, inaugurato il 'museo della vasca votiva' che racconta la vita nell'età del Bronzo - Cronaca

Molto probabilmente, la vasca aveva una funzione legata alla sacralità delle acque. Per quanto concerne gli antichi culti idrici in Emilia-Romagna si vedano gli studi di Giancarlo Susini (Bologna, 1927–2000): Culti salutari e delle acque: materiali antichi nella Cispadana, 1975, pdf in rete; I culti naturali e delle acque, in Cultura popolare nell’Emilia Romagna. Medicine, erba e magia, Milano 1981, pp. 11-3. Influenzato dagli scritti dell’indimenticato storico ed epigrafista Susini, assieme ad alcuni amici, diedi vita (pur consapevole del rischio, come docente di Religione cattolica, d’esser tacciato d’eresia) ad un idrico santuario ‘pagano’ (da ‘pagus’ villaggio; è noto che al termine ‘pagano’ fu assegnata una connotazione così negativa da diventare sinonimo di ‘ateo’, ‘irreligioso’, in barba alla religiosità popolare). Nei pressi di Lesignano de’ Bagni (non fatemi dire di più…) cominciammo a frequentare una bellissima pozza d’acqua sorgiva che si decise di dedicare alle divinità delle acque di antica tradizione emiliana: Minerva Medica (Caverzago, Travo, Piacenza) e Apollo Belleno (Noceto?). A scopo terapeutico facevamo bagni rituali, anche d’inverno, con 8 gradi sottozero, poiché la temperatura della sorgente restava costante a 12 gradi. Per un anno almeno il luogo di culto rimase segreto. Quando fu svelato, chissà come e perché, andò perduta la forza taumaturgica di quelle acque. Forse gli dèi scelsero di eclissarsi per sempre.

 

Prof. Luigi Lanzi

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