Saudade

Ti senti solo, e il mondo è come preso da una strana nostalgia.

Sei preda di irruenti fami, non dirò quali, non di questo si racconta camminando, ma bisogna dire che sono irruenti, non esemplari, non cortesi; fami in qualche modo per le volte perdute.

Segui il districarsi continuo degli eventi, e rimani assopito dal dolce cullare della corrente. Vedi annunci di gatti smarriti, e guardi altrove. Vedi amici, per una sera, per due, e siedi con loro ai tavoli dei bar, ma non ci sei, guardi altrove. E hai un padre o patrigno che ti cerca, tu lo vedi ma passi oltre, e guardi altrove.

Non piove, e intanto passano i giorni, i mesi e tu hai le calze rotte, le vesciche sui talloni, e non c’è altro che questo: afa, gatti smarriti e le vesciche scoppiate nelle tue calze rotte, bar chiassosi, la presenza in te come un cieco errante in una strada vuota, e non quiete, ma nostalgia.

È in questo l’atroce: la non quiete nella nostalgia, la febbre di vita per un invano creare memorie, offuscate e non presenti, prive o private del loro portatore.

Abbandoni, sull’asfalto che ribolle sotto questo agosto beffardo, le tue mute, pelli di serpente, e accogli noncurante la tua nuova carne. Cambi e non lo sai, parli, leggi, studi, scopri e non te ne accorgi, vivi ma non te ne rendi conto, perché non ci sei, perché guardi altrove.

Ti agiti dentro per irruenti fami, e pensi alle volte perdute; guardi altrove e non sta piovendo, parli assente nei bar agli amici e le vesciche ti scoppiano nelle calze rotte.

 

Per ascoltare il testo https://on.soundcloud.com/5g4Q1

Martina Alberici 5E // scirxppo
Progetto sulle città invisibili di Calvino

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