Dies natalis solis invicti – perchè il Natale è il 25 dicembre

Poffarbacco, che meraviglia deve aver provato chi, navigando sul Nilo, scese il sacro fiume da sud a nord per ammirare, sulla riva orografica destra, i celeberrimi templi di Luxor e Karnak dedicati ad Amon Ra, il dio Sole. Sulla riva sinistra, là dove invece muore il Sole, ecco piramidi e necropoli.

L’architettura sacra dedicata a Ra, raggiunto il massimo splendore nel corso della XVII dinastia, contemplava il tragitto del sole che sorge ad oriente e tramonta ad occidente, nel regno dei morti (nessuno si disperi poiché ogni mattina, Ra risorge e porta nuova luce, nuova vita).
La divina simbologia solare fu conosciuta dagli antichi romani, probabilmente ad Alessandria d’Egitto, il grande porto del mediterraneo ad ovest rispetto al delta del Nilo.
Nell’impero romano il culto del Sole durò almeno mille anni. Nonostante la diffusione del cristianesimo e la guerra di Giustiniano nei confronti del paganesimo, a Brescia (la Brixia romana) si dedicavano altari al dio sole. Presso il monastero di Santa Giulia, nella cripta della Chiesa di Santa Maria in Solario, si può leggere un’iscrizione emblematica incisa su un’ara romana datata al VI secolo d.C.: “Deo Solis” (al Dio Sole). Ogni anno il mondo romano celebrava il Dio Sole con solenni cerimonie che iniziavano al solstizio d’inverno e si concludevano al culmine della festa, il 25 dicembre, dies natalis sol invictus, giorno della nascita del sole invitto. Certo, il Dio Sole mai sconfitto perché, dopo la morte, sempre risorge.
Si può ben capire perché i cristiani, dopo aver ottenuto libertà di culto da Costantino nel 313 d.C. con l’editto di Milano, desiderando fissare la data di nascita di Gesù, scelsero, a fronte della mancanza di notizie nei Vangeli, la data del 25 dicembre.

Evidente fu l’intento di sovrapporre il Natale cristiano alla festa pagana del Sole.
Così accadde per la data della Pasqua cristiana, festa mobile che il Concilio di Nicea del 325 d.C. decise di celebrare annualmente la domenica successiva al primo plenilunio dopo il 21 marzo. La Pasqua si sovrappose ai millenari culti lunari, specialmente quello rivolto alla prima luna piena di primavera a cui ancora oggi soggiace la ritualità dei lavori agricolo pastorali.
Tornando al Natale cristiano, si scelse di presentare al mondo un nuovo Dio Sole, Gesù, il Figlio di Dio che nasce, muore, risorge e promette la risurrezione all’umanità intera.
Così i cristiani, per mille anni, dal V al XV secolo costruirono le chiese orientandole ad oriente,  là dove il sole risorge, ormai simbolo di Cristo Risorto celebrato sull’altare rivolto ad est.
Nonostante il successo della simbologia solare di Cristo, la religiosità popolare ha sentito e trasmesso nei secoli il rispetto sacro nei confronti di “fratello sole e sorella luna” che possiamo ammirare scolpiti nel 1178 da Benedetto Antelami sulla lastra marmorea della Deposizione. Sole e luna, perenni testimoni della morte e della vita.
Poco prima della scomparsa della civiltà contadina negli anni sessanta del novecento, mia nonna m’insegnava a recitare una preghiera dialettale della buona notte (la versione completa della preghiera è stata raccolta nel monchiese da Giacomo Rozzi e riportata nel libro scritto da don Ettore Paganuzzi “Pellegrini per un millennio”, 2000).
In essa – poffarbacco, che meraviglia – restano tracce di religiosità naturale rivolte al Sole:
Vag a létt con Dòmine parfétt
vag a létt con la lon’na e col sól
e con Cristo Salvatór.
Vado a letto con Dio perfettissimo
vado a letto con (“protetto da”) luna e sole
e con Cristo Salvatore.
Luigi Lanzi
foto pazzesche qui, da cui quella in copertina
https://mediterraneoantico.it/articoli/solstizio-dinverno-il-sole-si-allinea-ai-templi-di-karnak-hatshepsut-e-qasr-qarun/

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