La via del benessere

Ebbene si, benché sempre più rari, esistono ancora umani appartenenti alla specie “non sapiens non sapiens” che, nonostante l’attuale divieto, pretendono di legare il proprio cane ad una catena per trasformarlo in feroce guardiano. Quel povero animale, alla vista di un estraneo, abbaierà furiosamente, ma non si pensi che lo faccia perché, così legato, “lé d’vintè cativ c’mé la pésta” (è diventato cattivo come la peste). In realtà abbaia perché ha paura. Di cosa? Di non poter fuggire davanti all’eventuale aggressione di un estraneo. Infatti ogni animale in libertà, di fronte ad un certo pericolo, innesca due possibili reazioni: fuga o attacco. E noi umani?  Molto spesso, di fronte al ‘nemico’ (più o meno aggressivo, più o meno pericoloso) ci comportiamo come gli altri animali: fuga o attacco.

La medicina tradizionale ebraica, tramandata dal Talmud fin dal III secolo d.C., insegna che per il benessere personale occorre affrontare il ‘nemico’  in modo diverso rispetto ai comportamenti istintivi di fuga o attacco poiché entrambi, se reiterati nel corso della vita, possono provocare conseguenze negative; consideriamo dapprima quelle di chi fugge davanti al nemico. Sia che si fugga fisicamente, scappando da chi ci aggredisce, sia che si tratti di fuggire nel senso di non reagire in alcun modo davanti ad offese o minacce del ‘nemico’, potrebbero facilmente insorgere, nel tempo, varie ripercussioni e malattie a carico del rene che risulterà indebolito per un irregolare afflusso di sangue. Infatti il meccanismo difensivo della fuga, non già estemporaneo, ma consolidato negli anni dal proprio temperamento, tende a far affluire il sangue dal centro alla periferia (ai muscoli che ne hanno bisogno per la fuga).

Per quanto riguarda le conseguenze negative in coloro che, di fronte all’attacco fisico o psicologico del nemico, reagiscono sempre contrattaccando con forza o violenza, sono assai noti i guai epatici. Anche il linguaggio popolare definisce ‘fegatoso’ il temperamento di chi si lascia dominare da un eccesso di aggressività.

Nel corso di una conferenza nella sinagoga di Soragna, la dr.ssa Daniela Abravanel (si veda il suo libro “Guarire per curarsi”, Lulav edizioni, 2002) paragonò il ‘nemico’ ad un ladro che ha rubato la tua anima. Se decidi di non reagire, di ‘fregartene’ di un così grave furto, perdi la tua anima (e, con essa, te stesso); d’altra parte se decidi di sparare al ladro rischi di uccidere la tua anima (e, con essa, te stesso).

Dunque che fare davanti al nemico? Quale reazione posso mettere in atto oltre la fuga o l’attacco?

Specchiarmi nel nemico (!!!), ecco la terza possibile reazione, l’unica in grado di suscitare benessere. Cosa significa specchiarsi nel nemico? Significa capire che, per quanto offensivo, minaccioso o pericoloso sia il mio nemico, c’è in me qualcosa di lui. Posso chiedermi quante volte e in quali circostanze, sono stato, fosse pure in minima parte, offensivo, aggressivo, minaccioso o violento come il mio nemico. Se accetto di riconoscere che i difetti di chi mi ha voluto o mi vuole male sono, almeno in parte, i miei stessi difetti, allora potrò affrontare il nemico così: “Questo male che mi stai procurando, io stesso l’ho fatto ad altri. Siamo falsi nemici, dunque, entrambi limitati e capaci, ahinoi, di fare scelte sbagliate o violente”.

Scegliendo questa terza via che conduce al benessere, diminuirà la paura del nemico o il desiderio di aggredirlo; non più paralizzati dalla paura, non più violenti, ma esseri pensanti, finalmente… “sapiens sapiens”.

Prof. Luigi Lanzi

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