Camminando per le strade di Parma, può capitare di imbattersi in un sampietrino dorato che riporta un nome e un cognome: si tratta delle pietre di inciampo, piccoli ma grandi monumenti alla memoria che ci ricordano una delle pagine più scure della storia dell’uomo.
Il 27 gennaio, siamo andati alla ricerca di queste schegge della memoria e abbiamo potuto ascoltare la vicenda, drammatica, che ha coinvolto Arnaldo Canali, vittima come tanti altri della violenza nazi-fascista.
Nel nostro percorso ci siamo fermati in via Saffi 13: qui viveva Arnaldo Canali e abbiamo potuto ascoltare la sua storia.
“Chi era Arnaldo Canali?”, domanda Michele mettendosi poi ad ascoltare il racconto della sua vita.
Nato nel 1894, nel momento in cui viene arrestato, il 13 luglio del 1944 per poi essere deportato, deportato Canali è già un uomo maturo. Da giovane era stato militare nella Prima guerra mondiale. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza perché il suo sogno è quello di diventare avvocato.
Una volta divenuto avvocato, svolge il praticantato presso lo studio legale di Agostino Berenini, importante politico di Parma, più volte ministro, socialista riformista e antifascista.
“Che cosa significa essere anti-fascista?”, chiede Francesco.
Significa difendere la libertà propria e degli altri: chi ha combattuto contro la dittatura lo ha fatto anche per noi che oggi possiamo vivere in un paese libero dove tutti i cittadini hanno gli stessi diritti. Per questo Canali sceglie da subito una posizione anti-fascista, non aderendo al progetto dello Stato totalitario. Dovette trovare il modo di sopravvivere, evitando le restrizioni del fascismo che lo ostacolò nella sua attività lavorativa. Fu segnalato e schedato come sovversivo dal momento che esprimeva idee diverse da quelle del partito unico. Nel ‘37, ormai in difficoltà economica, emigra in Africa orientale ma anche qui viene perseguitato.
Tornato a Parma, viene assunto all’Inps.
L’attenzione di Manuela, durante il racconto, è attirata da due operai in divisa arancione fluo che stanno scavando un piccolo buco tra i sanpietrini davanti al portone dove viveva Canali. Da questa casa, l’uomo fu portato via per essere imprigionato in un campo di concentramento.
In seguito a una delazione, ossia a una denuncia anonima, Canali viene arrestato e deportato a Flossenburg dove verrà ucciso il 16 novembre del 1944.
La pietra di inciampo che abbiamo visto porre davanti alla casa dalla quale fu prelevato ci ricorda il sacrificio che hanno compiuto tantissimi uomini e donne che hanno scelto di lottare per la libertà e per i diritti di tutti.
Michele Bedani, Manuela De Finis e Francesco Sinagra