“Alcuni ragazzi fanno cose”…un po’ per curiosità, un po’ per caso.
Tutto è cominciato una fredda sera di novembre con un messaggio su whatsapp: “Che ne dici di andare a fare il corso di primo soccorso a Collecchio? Domani tengono il primo incontro all’Assistenza Volontaria.”
“Perché no?” ho pensato, dopotutto erano solo un paio di serate quindi ho accettato e la sera dopo ero lì, in prima fila, pronto a imparare.
Finiti i corsi di primo soccorso avevo una scelta da fare: tornare a casa come se nulla fosse accaduto o rimanere, mettere una firma e diventare a tutti gli effetti un Volontario. Ho con entusiasmo optato per la seconda “strada”.
A dicembre avevo avuto il via libera, dopo la visita medica fatta in sede, per iniziare ma purtroppo dopo solo tre turni ho preferito interrompere a causa della pandemia, che a dire il vero ancora oggi ci sta mettendo in difficoltà, per ridurre il rischio di contagio intrafamiliare e ho potuto riprendere solo a maggio quando la situazione si era relativamente affievolita.
I miei turni solitamente sono al pomeriggio fino all’ora di cena (ore 13-20),e durante il periodo scolastico è molto difficile trovare tempo da dedicare all’assistenza a causa dello studio per le verifiche, interrogazioni e anche per eventuali attività extrascolastiche come può essere uno sport o semplicemente le uscite con gli amici.
In tutto questo però c’è una grande soddisfazione: si diventa parte di una seconda famiglia, si lavora insieme e nello stesso tempo, tra una “chiamata” e l’altra, si gioca a carte, si chiacchiera, si scherza e si condivide il pasto e le esperienze sul campo.
Non è tutto qui , il vero “carburante” che fa andare avanti tutti noi in questo lavoro di volontariato sono le parole di ringraziamento, i sorrisi o anche solo gli sguardi riconoscenti delle persone che aiutiamo… Una grandissima gratificazione che certamente migliora la giornata.
Non dimenticherò mai quella volta in cui, appena arrivato in sede e aperto il frigo per pranzare, arrivò una chiamata… Codice rosso… Indossata in fretta e furia la divisa, dopo aver raggiunto i miei compagni con la “12” (numero dell’ambulanza dedicata alle urgenze), siamo partiti verso il luogo dove si stava consumando la tragedia.
In soli cinque minuti con le sirene spiegate siamo arrivati sul posto e davanti a noi una scena che non augurerei mai a nessuno di vedere: c’era una persona stesa a terra che non respirava… Era la prima volta che mi succedeva di assistere ad una situazione del genere ma nonostante ciò ho fatto un respiro profondo e, ricordando ciò che avevo imparato ai corsi e i consigli che mi erano stati dati, ho seguito alla lettera tutte le indicazioni che mi venivano date dai miei compagni più esperti; la situazione purtroppo non sembrava migliorare perciò, dandoci il cambio, abbiamo iniziato a praticare il massaggio cardiaco senza però ottenere il risultato sperato…
La scena più straziante è stata vedere la reazione dei familiari che avevano un’espressione sul viso come se in quel momento gli stesse cadendo il mondo addosso.
Tornando in sede non facevo altro che domandarmi se avessi potuto fare di più o se avessi sbagliato qualcosa. I miei compagni, con più esperienza, mi sono stati accanto chiedendomi come mi sentissi e se volessi parlarne. Mi sono sentito come in famiglia.
Il volontariato in Assistenza pubblica non va inteso come un semplice “trasporto” ma uno “stare accanto” a persone malate o traumatizzate che necessitano di assistenza.
Ecco come rispondo a chi mi chiede perché “spreco” il mio tempo facendo il volontario!
É anche un bel modo per aiutare la comunità; c’è chi lo fa attraverso donazioni (come le aziende che donano offerte finalizzate all’acquisto di ambulanze) e chi attraverso il proprio tempo, come noi volontari.
Sarebbe bello se tanti giovani aderissero ad attività di volontariato anche solo come fare la spesa o consegnare i farmaci alle persone più anziane che non possono uscire di casa oppure fare assistenza da remoto mediante contatti telefonici dedicati all’ascolto e al conforto di chi è solo; perché credo che così come “per crescere un bambino sia necessario un intero villaggio”, “per avere una società civile sia necessaria un’intera comunità”.
Gabriele Capuano 4B