Domenica 11 ottobre ho disputato una partita di calcio molto sentita e determinante per la classifica ma la pioggia incessante, l’immaturità e la poca coalizione della mia squadra ci hanno inevitabilmente traghettato verso la disfatta.
Come d’abitudine, durante l’unico pranzo della settimana che ci vede tutti riuniti, mio padre si cimenta nei suoi soliti consigli da tecnico esperto: “devi anticipare le mosse, devi chiamarti la palla, devi insidiare l’avversario, devi…” Dal regno incontrastato della sua cucina, mia madre si inserisce a gamba tesa come in un fallo di reazione e interviene con solennità “ Simo’ ti manca la cazzimma!”.
Come faccio ora a spiegare, da parmigiano nativo cresciuto nel reggiano, a chi non ha natali partenopei come mia mamma, cos’è la cazzimma? Secondo l’Accademia della Crusca: “Cazzimma è un’espressione napoletana, diffusa soprattutto nel lessico giovanile campano e utilizzata per indicare un insieme e un intreccio di atteggiamenti negativi: “autorità, malvagità, avarizia, pignoleria, grettezza”. Pino Daniele la descriveva come “la furbizia accentuata, la pratica costante di attingere acqua per il proprio mulino, in qualunque momento e situazione”.
Soprattutto tra le nuove generazioni, la “cazzimma” ha un significato aggiunto di quasi positività, come a voler descrivere un atteggiamento combattivo, determinato, risoluto.
In verità nessun contenitore semantico, come sostiene autorevolmente la mia genitrice, potrà mai racchiudere e accogliere tutte le sfumature che con quel termine si vanno a distinguere. Nel mio caso, si voleva semplicemente – si fa per dire – intendere che mi manca lo spirito competitivo, la voglia di vincere e di impormi. Non so se essere fiero di questo deficit del mio corredo genetico, comunque e nonostante le origini napoletane del mio fornitore di DNA, ma questo, irrimediabilmente, ha prodotto gli esiti che poco sopra vi ho riportato e che mi hanno provocato uno stato di pucundrìa, ma questa è un’altra storia.
Simone Euripide 1T