“Ciao, come stai?”
“Finalmente negativa.”
Dalla posizione privilegiata di chi può ricordare – con sollievo – di una positività che le ha fatto tremare il cuore ogni giorno, mi convinco sempre più che non c’è chi vince e chi perde, perché qui si sta perdendo tutti e si vincerà insieme. Per questo oggi celebro l’essenzialità dell’essere positiva alla vita.
Positiva al bisogno di contatto fisico, in un impensabile distanziamento sociale che pesa in modo sconcertante. Avevamo date troppe cose per scontate, tutte quelle chiamate “cose che ho il dovere di fare” o declassate in “cose per quando avanza del tempo”, e cosi il doveroso quanto il trascurato si fanno desiderio.
Certo, di tempo tutto per noi ora ce n’è in eccesso, un tempo senza la corporeità degli altri, quella che una videochiamata non può restituirci (sfiorare la pelle, percepire l’odore).
Un caffè in compagnia può ancora esserci, in una chat di gruppo o magari in un ipotetico intervallo scolastico in meet (alunni e docenti con tazzine del liquido fumante e fragrante d’abitudine italiana).
Ma dove sono l’atmosfera e il paesaggio di comunità?
Sono ancora intatte nel resistere, ognuno nel guscio che è casa, che è dimensione intima e coraggiosa.
Con giorni massicci di dolore, l’attesa è straripante di parole ma svuotata del senso conosciuto, rotonda di scienza e pregnante di creduloni. Mentre ci scopriamo esacerbati d’inquietudine e resi diversi dalla scoperta dell’autenticità di ognuno.
È un tempo strano e ricco questo, un tempo malato di timori e guarito dai sogni, vuoto d’abbracci e pieno d’assenza. Un tempo che canta e piange, che diviene litania di fragilità.
Un tempo nuovo del male più antico, quello dell’uomo solo, nudo, prigioniero. Eppure è il tempo della nostra grande occasione per imparare di noi.
Ciò che siamo ci dà, ci resta accanto. Quel che siamo nel profondo ci si presenta in assoluta verità a ogni appuntamento, a ogni sfida. Tensione ideale ed emotiva si fondono e costruiscono il pulsare di una nuova vitalità.
La quotidianità è fatta anche di narrazioni dei giorni altrui, scanditi al ritmo della faticosa privazione dell’usuale. Ne ho lette, e le trovo belle finestre su vissuti anche lontani dal mio. Leggo e imparo. Siamo compagni di viaggio, tutti desiderosi di essere, sopra il male e oltre la paura, in pienezza.
“Ciao, come stai?”
“Positiva alla vita, nonostante o forse soprattutto.”
Gabriella Corsaro