Whisky – questo il suo nome – era il classico prototipo di cane così come lo disegna ogni bambino: piccolo, meticcio nano, pelo corto e marroncino, musetto furbissimo.
Regalato alle figlie che quasi mai hanno mantenuto le promesse di curarlo senza chiedere aiuto ai genitori, ha accompagnato per ben 17 anni la vita della nostra famiglia.
Tra le decine di ridicole situazioni in cui ci ha cacciato, una mi fa sorridere più di altre.
La figlia minore decide un pomeriggio che si reca al supermercato Standa ad acquistare qualcosa e già che c’è esce con Whisky (chiamato anche Rerro-Rammaro, Principeso Filipo e altre decine di nomi variegati frutto di una neolingua canina chiamata lingua rerra).
Dopo un po’ torna.
Passa almeno un’ora e, non vedendo in giro il cane, chiedo: ma Whisky dov’è?
Improvviso ed angosciante silenzio: il cane non era in casa. Interrogata, la figlia ammette di essere uscita con lui ma di essere rientrata da sola.
Di corsa tutta la famiglia si reca in strada davanti alla Standa ma il cane non c’è. Freneticamente chiediamo ai negozianti vicini che ci guardano come fossimo assassini: Whisky era stato legato ad un pilone lungo la strada ma visto che nessuno lo veniva a prendere dopo un po’ furono chiamati i vigili urbani che presero in custodia il piccolo meticcio nano portandolo al canile.
Dove ci guardarono in maniera ancor più accusatoria: chi erano questi mostri che abbandonavano i cani in strada D’Azeglio?
Povero Whisky: il giorno dopo ritornò a casa, dopo che fu versato un congruo gruzzolo di denaro per la multa e per pagare la sua permanenza in canile.
Da dove uscì sgolato avendo abbaiato tutta la notte lontano dalla bimba che tanto lo amava, anche se lo aveva dimenticato legato a un pilone.
a.t.