“Mi commuovi voce,
come sei pronta
a ogni mio ritorno
a balzare,
vita che balza
per farsi traccia
nel fitto
nel riposto dell’anima,
medichi ferite
e le lasci aperte
che passi l’aria vera
della falce.
Sono mondo io
inquieto mondo
che si perde nella pronuncia
e non soffia l’improvviso
amore. Sono vaso io
bottiglia con messaggio tuffato,
e un’apertura
senza indugio
uno sbocco
rapido al largo
cerco.”
Chandra Livia Candiani
Qualche tempo fa, leggendo un articolo a proposito dei pittori del 1800, mi sono imbattuta in un dettaglio alquanto strano: voi sapevate che Vincent Van Gogh era solito mangiare la tempera gialla che utilizzava per dipingere? No? Beh, neanche io. La motivazione mi ha lasciato senza parole: lui era felice quando dipingeva, ed era convinto che mangiando il colore avrebbe portato la felicità dentro di sé. Seppur sia una motivazione priva di qualsiasi valenza scientifica, la cosa mi ha fatto sorridere: l’arte lo rendeva davvero felice se è arrivato addirittura a pensare una cosa del genere.
Arte… che parola immensa. Quante sfumature si celano dietro a queste quattro lettere. Ma, mi chiedo, c’è qualcosa che accomuna tutte le infinite tonalità di questo mondo? Credo che sia caratterizzata da una particolarità: è fatta dagli uomini per gli uomini. Riflettiamo: a cosa servirebbe scrivere un libro se poi nessuno, nemmeno l’autore stesso, diventasse il destinatario di questa forma d’arte? Sì, è vero, chi scrive avrebbe comunque trasmesso le proprie emozioni, ma a chi? E ancora: può un tramonto essere considerato arte? Può sì suscitare emozioni, che poi possono essere tradotte in forme d’arte più o meno variegate, ma se non ci fosse una persona che prova questi sentimenti, che si impegna affinché anche altri individui possano sentirsi come lui traducendo le sue sensazioni in altri linguaggi, beh, mancherebbe un tassello. Un tramonto senza un osservatore è soltanto il principio della notte, niente di così speciale in fondo. Qualsiasi forma d’arte racchiude in sé queste premesse: pittura, scultura, scrittura, teatro, danza, canto… Non sono altro che veicoli di emozioni provate da uomini che vogliono trasmettere quelle sensazioni ad altre persone.
Ritengo che chiunque possa essere un’artista. O meglio: chiunque abbia da dire qualcosa. I ragazzi lo sanno, e per loro è essenziale trovare un modo per liberare il caos che si portano dentro. L’arte serve proprio a questo, è a disposizione di tutti per esprimere concetti. E ognuno, in essa, vede cose diverse. Un esempio pratico: conoscete il quadro di Van Gogh “Campo di grano con volo di corvi”? Ha dei colori davvero sgargianti e accesi: eppure io, in esso, colgo tanta malinconia. Forse per alcune mie esperienze passate, chissà, o forse per l’inconscia associazione ad una melodia triste. Per molti altri invece non è così, per molti altri simboleggia l’impeto e la vitalità dell’estate. Chi ha ragione? Nessuno, o meglio tutti: ciò che Vincent desiderava era trasmettere l’emozione di quel momento. Nessuno sa quale fosse di preciso, ognuno interpreta quell’opera secondo il proprio pensiero. Ed è meraviglioso, a mio avviso, che per ogni particolarità si aprano infiniti mondi tutti diversi, che a loro volta possono stimolare riflessioni.
Per me l’arte è una voce, è quel sussurro che ci parla nei momenti più inaspettati. Il movimento filosofico neoplatonico sosteneva che esistesse un demone ispiratore di pensieri, considerato non in termini negativi come un’entità malvagia, quanto più qualcosa che soltanto noi riusciamo a percepire. È intrinseco nella natura umana: noi siamo lui e lui è noi. Lui dà forma alle nostre idee, sta poi a noi scegliere mediante quale mezzo propagarle. Spesso mi trovo ad osservare le opere d’arte altrui, le loro “emozioni materiali” e ciò che vedo o sento mi coinvolge a tal punto da farmi scendere dei brividi lungo la schiena, e nuovi pensieri si fanno strada decisi nei meandri del mio inconscio. E quando ciò accade, quando ci perdiamo nei pensieri, nelle emozioni altrui, mi piace pensare che forse, in qualche modo, i nostri demoni hanno avuto modo di legarsi l’uno con l’altro in qualche universo primordiale, per creare un legame indissolubile che vince qualsiasi legge razionale.
Giulia Volpato 4D