“Libertà di sedurre?”

Negli ultimi mesi l’ingombrante onda mediatica dello scandalo Weinstein ha raggiunto l’Europa: sono in tante a parlare, anche in Italia (e a viso scoperto).

Sulla scia delle colleghe americane che hanno accusato il produttore Harvey Weinstein, infatti, decine di donne denunciano alla Stampa molestie e violenze attuate da alcuni dei registi più in vista dello show business; abusi a danno di attrici (ed attori) in erba.

Tanto lo sdegno in TV e in rete, ma non mancano pareri discordanti: opinioni perlopiù di figure femminili, dall’apologia degli uomini dell’attrice francese Catherine Deneuve (“Essenziale la libertà di sedurre e importunare”) alla dura risposta di Asia Argento e di altre femministe. Lei e le altre firmatarie dicono al mondo come la loro misoginia interiorizzata le abbia lobotomizzate sino al punto di non ritorno” – scrive l’Argento su twitter. E la fiamma del web è ben lungi dall’estinguersi.

sexual-harassment-boss-office

Come non parlare, allora, del movimento #MeToo?  Premiato dal Time per “aver rotto il silenzio” nel mondo dello spettacolo e, più in generale, del lavoro, è nato alcuni anni fa per merito dell’attivista Tarana Burke ed ha raggiunto soltanto adesso la sua celebrità. Tanti i big nella “lista nera” dei molestatori, tra cui il presidente USA Donald Trump, il presidente cinese Xi Jinping, il leader coreano Kim Jong Un.

Ciò  a dimostrazione del fatto che la società ancora vede, ma non parla, e le donne sono sempre più costrette a rimanere nel silenzio di una bolla di sapone.  Anche Italiane ed Italiani possono essere #MeToo: in Italia è diventato virale l’hashtag #quellavoltache, in cui si raccolgono racconti ed esperienze sul nostro territorio. Devastante provare anche solo a leggere qualche riga: ragazzine private della loro ingenuità tra le mura scolastiche e donne in carriera frustrate, tra “una battutina” e un contatto fisico sgradito; molte non professano parola con nessuno, chi per timore di perdere il posto di lavoro, chi per vergogna. Figuriamoci, poi, denunciare alle autorità: spesso eventi del genere vengono sottovalutati e ignorati, per non parlare dello stalking, parola che conosciamo tutti, ma ancora snobbata e travestita da “corteggiamento invadente”.

E’ una causa contro ignoti, un processo senza imputati: chi è il responsabile? La famiglia? La scuola, o la sua assenza?

Oppure, più semplicemente, attribuire a qualcosa (o a qualcuno) le colpe di un fenomeno così diffuso è una perdita di tempo. Perchè se possiamo essere tutti #MeToo, possiamo essere tutti anche carnefici. Dal lavoratore che fischia dall’alto delle sue impalcature al giovane benvestito in discoteca che prova a farti bere, passando per quelli che dicono che “con quella gonna, te la vai a cercare”.

Elisa Benassi

 

 

 

Può interessarti...