Nel corso del XX e del XXI secolo l’umanità ha assistito allo sviluppo di un notevole progresso scientifico e tecnologico, che ha comportato evidenti miglioramenti per le condizioni di vita degli uomini ma, nello stesso tempo, ha introdotto anche alcune criticità.
Nel corso del tempo vari sociologi ed epistemologi hanno espresso le loro posizioni, spesso contrastanti tra loro, sulla concezione di progresso e sul suo rapporto con la società, la felicità e la storia.
Cos’è il progresso? Soprattutto, esso è un bene o un male per l’uomo?
Si può arrivare alla conclusione che il progresso sia un elemento tanto positivo quanto negativo per l’umanità, a seconda dell’uso corretto o scorretto e a seconda degli scopi per cui viene utilizzato, attraverso l’analisi del contesto filosofico dell’epoca (Positivismo); del pensiero di Latini (“Ombre sul progresso”), Bloch (“Differenzierungen im Begriff Fortschritt”), Comte (“Discorso sullo spirito positivistico”, “Corso di filosofia positiva”) sull’essenzialità o meno del progresso; di Einstein (“Scienza e società”) e Russell (“Icaro o il futuro della scienza”) sull’uso scorretto della scienza, di Jaspers (“La situazione spirituale del nostro tempo”), Saint Simon (“La parabola”), del film “Tempi moderni” (1936) sul rapporto tra felicità e società in funzione del progresso; di Spengler (“Il tramonto dell’Occidente”), Bloch sulla relazione del progresso con la storia.
IL CONTESTO FILOSOFICO
Il Positivismo è una corrente culturale sviluppata in Francia nella metà dell’Ottocento, che si basava sull’esaltazione della scienza e sulla ricerca di materiale reale e sperimentale (non astratto), fecondo e pratico (non inutile). Il perseguimento di questa nuova filosofia aveva creato una forte fiducia sia nell’intelletto dell’uomo sia nelle potenzialità della scienza e aveva posto, perciò, le fondamenta di una generale visione ottimistica del mondo e del progresso. La scienza diventava l’unico metodo valido e l’unica conoscenza possibile: essa poteva essere estesa a tutti i campi della ricerca, in particolare alla sociologia che prevedeva lo studio della società e, in particolare, la teorizzazione di una riorganizzazione sociale adeguata per una migliore vita generale dell’umanità stessa.
Il Positivismo può essere suddiviso in due fasi: la prima è detta Positivismo “sociale” e affronta la sociologia per un superamento di una crisi che aveva dominato il periodo successivo all’Illuminismo e alla Rivoluzione Francese; la seconda è definita Positivismo “evoluzionistico” e riguarda l’importanza dell’evoluzione vista come riflesso e stimolo di un progresso già in atto.
Nonostante le varie conseguenze positive che il progresso scientifico e tecnologico aveva apportato in tutti i campi della vita umana, basti pensare alle medicine e alle cure di gravi malattie oppure a nuove strumentazioni e al programma dell’intelligenza artificiale, di fianco a questa filosofia ottimistica si era sviluppata una forte critica nei confronti del progresso stesso, a causa delle sue conseguenze talvolta negative che portavano ad un “disagio” generale.
La base di questa critica proponeva la visione di una scienza usata in modo scorretto, che aveva sostituito il mondo della cultura e della tradizione (“la spiritualità umana”) e che, di conseguenza, aveva finito per dominare l’uomo creando degli effetti disastrosi per le società e per l’umanità in generale.
Per esempio, il progresso nel campo delle innovazioni di intelligenze “deboli”, secondo Sartor (“L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione”), non portava solamente a delle conseguenze positive ma aveva anche un “lato oscuro”, specialmente in campo militare, poiché comprometteva la stabilità e la vita delle popolazioni.
IL PROGRESSO E’ “ESSENZIALE”?
Per analizzare al meglio la questione posta nell’introduzione dobbiamo interrogarci sul progresso e sulla sua natura.
Ne “Ombre sul progresso”, M. Latini lo descrive come un elemento “non ciclico come l’antichità” che dovrebbe portare ad un incremento della produttività e ad una prospettiva di sviluppo.
Bloch (“Differenzierungen im Begriff Fortschritt”) parla del progresso come “termine poco chiaro” che porta inevitabilmente ad un uso scorretto delle innovazioni e, quindi, risulta negativo per l’umanità.
Comte, filosofo del Positivismo sociale, lo definisce, invece, come qualcosa di “essenziale” per un perfezionamento incessante dell’uomo, basato sulla scienza e sul metodo sperimentale: l’obiettivo dell’essere umano sarebbe quello di determinare lo spirito con cui considerare le branche fondamentali del Positivismo ed effettuare un cammino progressivo verso la conoscenza delle leggi che determinano il mondo. Queste leggi possono essere solamente effettive (non assolute) e derivano dalla “vera osservazione” di ciò che è accessibile e adatto alla vita reale: l’umanità “circoscrive i suoi sforzi nell’ambito […] della vera osservazione, sola base possibile delle conoscenze veramente accessibili, sagacemente adattate ai nostri bisogni reali” a discapito della ricerca su conoscenze assolute che non possono essere raggiunte. (rr. 15-17, “Discorso sullo spirito positivistico”,1844). Ne “Corso di filosofia positiva”, il filosofo afferma che “La spiegazione dei fatti, ridotta allora ai suoi minimi termini reali, ormai non è più che il legame stabilito fra i diversi fenomeni particolari e alcuni fatti generali” (rr. 44-47), ovvero che le leggi sono delle relazioni tra fenomeni e nulla di più: riguardano solamente ciò che è davvero accessibile al nostro ultimo e finale grado di conoscenza. Il progresso è perciò attuato attraverso la scoperta di queste leggi e porta inevitabilmente ad una migliore condizione della vita umana.
In realtà, secondo la mia opinione, Comte e Latini hanno una visione del progresso estremamente ottimistica e perciò parziale.
Se le loro teorie sul progresso fossero davvero accettabili, vorrebbe dire che tutto è un bene per l’uomo e che qualsiasi innovazione porterebbe ad uno sviluppo positivo.
La visione di Bloch è, al contrario, fin troppo pessimista: sono molte le ricerche che portano allo sviluppo di novità utili e positive per l’umanità e che portano ad un’evoluzione dei sistemi.
Dalla realtà si può dedurre che le scoperte possono essere sia causa di peggioramenti (per esempio nel campo militare, come già detto in precedenza) sia di miglioramenti (vedi le medicine): questo vuol dire che il progresso, pur essendo necessario per l’uomo e per la sua evoluzione, non ha sempre delle conseguenze positive, ma al contrario, soprattutto se utilizzato scorrettamente, riesce a creare delle innovazioni che portano a disastri e danneggiamenti.
USI SCORRETTI DEL PROGRESSO
In “Scienza e società” (1935), A. Einstein elenca i tre principali problemi che derivano da un uso scorretto della scienza e del progresso e che costituiscono delle minacce per l’umanità: la meccanicizzazione e la produzione in serie (disoccupazione); la creazione di armi sofisticate ed estremamente distruttive (pericolo per la sopravvivenza); la manipolazione delle informazioni (libertà ridotta).
Russell, nel confronto con il “Daedalus” di Haldane, oppone alla figura positiva di Dedalo il personaggio Icaro: egli è rimasto ucciso a causa del suo egoismo e dell’uso scorretto che ha fatto dell’innovazione tecnologica (un paio di ali costruite dal padre Dedalo per permettergli di volare). Secondo il filosofo, l’uomo sarebbe un insieme di passioni e di istinti che portano all’irrazionalità. La scienza in tutto questo se usata per il benessere del singolo ma anche del collettivo all’interno di un gruppo ha dei riscontri positivi ed adatti ad un miglioramento. Se il singolo o i gruppi di potere usano il progresso a scopi puramente personali si arriva inevitabilmente a delle conseguenze molto negative (si può notare anche al giorno d’oggi nei vari governi del Mondo).
Come si potrebbe limitare un uso scorretto del progresso per ovviare alle sue conseguenze negative?
Einstein propone “un nuovo tipo di organizzazione sociale e una nuova cultura per evitare che il progresso tecnologico ci porti alla catastrofe” (rr. 24-25, “Scienza e società”, 1935), mentre Russell sostiene che “la sola speranza sembra essere la possibilità di un dominio mondiale da parte di un gruppo […] che conduca alla formazione di un ordinato governo mondiale politico ed economico” (rr. 30-35, “Icaro o il futuro della scienza”, 1924).
Queste soluzioni sono valide e giuste, poiché il progresso deve essere controllato da un gruppo privo di irrazionalità ed egoismo, mettendo in primo piano il benessere della collettività generale.
A questo proposito, credo sia molto significativa la posizione presa da Sciascia, ne “La scomparsa di Ettore Majorana” (1975).
Lo scrittore pone la figura dello scienziato al centro della questione: egli è l’unico che può decidere se effettuare o meno la ricerca di una particolare innovazione tecnica e, soprattutto, ha il compito di controllare il carattere “nocivo”, “neutro” o “utile” della sperimentazione, prevedendo alcune possibili conseguenze che essa potrebbe apportare all’umanità. Il ricercatore deve “intravedere quel peso di morte che sentiva di portare a oggettivarsi nella particolare ricerca e scoperta di un segreto della natura” (rr. 6-7). Esemplare è stato il caso di Ettore Majorana, il fisico che durante la Seconda Guerra Mondiale era riuscito ad ottenere la fissione nucleare, ma che, dopo avere previsto gli effetti disastrosi nell’utilizzo di questa scoperta, aveva preferito nascondere i suoi risultati e sparire con essi.
Questa responsabilità dello scienziato è la stessa che dovrebbero avere i gruppi di potere al governo: solo così il progresso sarebbe utilizzato correttamente e, perciò, porterebbe a conseguenze positive per l’intero Stato.
SOCIETA’ E FELICITA’
Se la figura dello scienziato e quella del gruppo dominante sono fondamentali per il controllo del progresso a causa della responsabilità che si devono assumere, è molto importante anche il modello di società in cui questo progresso è attuato: uno degli scopi principali del progresso è quello di portare l’uomo al suo obiettivo più grande: la felicità.
Secondo Russell, una società dominata da un gruppo di persone sopraffatte dall’egoismo non porta ad un uso corretto delle innovazioni e, per questo, è impossibile che lo sviluppo faccia raggiungere la felicità alla totalità della popolazione.
Il filosofo Jaspers, ne “La situazione spirituale del nostro tempo” (1931), polemizza contro la scienza e la tecnica: gli effetti collaterali del progresso, soprattutto quelli in campo industriale, producono la massificazione (ciò di cui parlava anche Einstein) e sostituiscono i valori spirituali con i valori materiali del denaro, tanto che “tutto è pura merce” (r.4) e “l’uomo in quanto appartiene alla massa non è più lui” (r. 10).
La felicità e il piacere per Jaspers coincidono così con il possedimento di beni e con le ricchezze, poiché l’uomo ha perso la sua vera libertà e la sua vera personalità: ogni individuo è solo un oggetto in serie, un prodotto della società industriale che è identico a tutti gli altri (da qui, Horkheimer parlerà proprio di scienze in funzione della borghesia capitalista).
La società negativa che propone Jaspers è presente in parte ancora oggi negli Stati attuali e moderni: spesso si parla di felicità derivata dal possesso, dal denaro e dalla vita agiata che ne deriva, piuttosto che dalla condivisione o da un valore morale.
Un’evidente critica alla società industriale è presente nel film “Tempi moderni” (1936) di Charlie Chaplin: già dalla frase inziale “L’umanità che si batte per la felicità” possiamo riflettere sul collegamento tra società, progresso e piacere.
La società rappresentata nella vicenda è di tipo industriale: operai che lavorano senza sosta nelle fabbriche (importanza della macchina che avrebbe tolto la pausa pranzo ai lavoratori per produrre in quantità maggiore i propri prodotti e, di conseguenza, per battere la concorrenza), che svolgono poche attività ripetitive all’interno della catena di montaggio (gesti ripetuti e automatizzati) e che possono avere danni fisici e psicologici a causa degli eccessivi sforzi sul lavoro. In questa società, il progresso ha portato ad una maggiore povertà, ad una dilagante disoccupazione (macchine al posto della manodopera) e ad una forte criminalità. Ciò che è molto rilevante nella pellicola è che il lavoro è visto come il motivo della felicità (“Finalmente lavoro!”): solo il denaro può portare ad una vita agiata e tranquilla e, quindi, la felicità è raggiunta solo con il possedimento di beni materiali.
Dal film e, soprattutto, dall’analisi di “La parabola” (1819) di Saint Simon possiamo vedere quanto la società sia immorale ed ingiusta proprio nei confronti di coloro che sono costretti a vivere una vita faticosa e laboriosa: “Supponiamo che all’improvviso la Francia perda i suoi cinquanta migliori fisici, chimici, fisiologi, matematici, poeti, pittori […] la nazione diventerebbe un corpo senza anima. […] Ammettiamo che la Francia conservi tutti gli uomini di genio che possiede nel campo delle scienze […] ma abbia la sfortuna di perdere nello stesso giorno Monsieur il fratello del Re, il duca […]. Contemporaneamente perde tutti i grandi ufficiali della corona […] procurerebbe loro un dolore di carattere puramente sentimentale, non risultandone infatti alcun danno politico per lo Stato” (rr. 1-37).
Con molta ironia, il filosofo dimostra come l’aristocrazia e le classi più agiate siano parassiti contrapposti ad una borghesia e ad un proletariato operativi (anche se in realtà, ci saranno molti contrasti tra borghesia e proletariato, ovvero tra classe dominante e classe sottoposta). Si può vedere quanto la società sia poco perfezionata: per raggiungere un adeguato stato di felicità tra tutta la popolazione bisognerebbe per forza cambiare l’ordinamento sociale in vigore.
IL PROGRESSO, LA CIVILTA’ E LA STORIA
Si è constatato che la società deve essere cambiata per portare una maggiore felicità a tutti i vari strati della popolazione e che il potere dominante deve essere responsabile di un uso corretto della scienza per portare un progresso positivo all’umanità.
In tutto questo contesto, una posizione rilevante è assunta anche dalla storia.
Spengler, ne “Il tramonto dell’Occidente” (1922), si pone l’obiettivo di scoprire la morfologia della storia, ovvero studia la forma che ogni civiltà incarna. Il mondo può essere visto come “storia”, cioè come insieme di fenomeni unici, oppure come “natura”, cioè come un insieme di fenomeni legati da nessi culturali. Lo Stato si presenterebbe come un organismo indipendente, che nasce, si sviluppa e muore proprio come l’uomo nella propria vita. Questo significa che la storia è l’elemento che, attraverso l’esperienza, conduce alla natura e, quindi, alla maturità della civiltà.
In questo contesto, la civiltà occidentale è perciò un organismo vivente destinato ad una fine. Per questo motivo, se questo tipo di civiltà è influenzato dal denaro, dall’industrializzazione e dal possesso (che determinano un carattere estremamente negativo per la vita dell’uomo), si può supporre che il prossimo modello di Stato sia definito da altri valori (Spengler suggerisce la nascita di una civiltà “Russa”) e l’uomo deve solamente accettare il proprio destino.
Il tramonto della civiltà è visto come un atto dettato dal pessimismo: presenta infatti una visione apocalittica della storia che determina la morfologia e i caratteri principali di uno Stato. In questo contesto, la civilizzazione rappresenta l’ultimo stadio terminale della civiltà e, quindi, è visto con un’ottica molto negativa.
In realtà, il progresso e l’evoluzione, che sono fondamentali per una migliore vita umana, portano anche ad una civilizzazione. Per questo, essa non deve essere vista come un elemento negativo, ma al contrario credo che sia molto positiva per l’uomo e che possa portare ad un uso corretto delle innovazioni.
Latini propone una storia che abbia un procedimento lineare, per cui tutto ciò che viene “dopo” è “migliore” rispetto a ciò che c’era in precedenza. In realtà, la storia non è assolutamente pensabile come un elemento che abbia un corso pacifico: al suo interno si trovano crisi, problemi e dinamiche distruttive che rinnegano la concezione di progresso stessa.
Rinnegando il progresso, però, si rinnegano anche tutte le scoperte che hanno cambiato la vita umana nel corso del tempo: non si può, dunque, pensare che la storia sia un elemento privo di progresso.
La soluzione credo che sia ritrovabile nel pensiero di Bloch: la storia è una spirale che ha un andamento tortuoso dovuto dall’intreccio di “origini” e “novità”. Questo significa che la storia comprende sia momenti di crisi sia momenti di miglioramenti: tutto dipende da questa combinazione di eventi.
E’ molto importante, secondo il filosofo, proporre una denuncia del cattivo uso della scienza per evitare quella sfiducia del progresso che porta indubbiamente ad un deterioramento dei rapporti sociali e, quindi, alle guerre che Spengler, invece, legittimava come soluzione al problema del progresso. La visione di quest’ultimo portava semplicemente ad un pericoloso isolamento e ad una disgiunzione tra le varie popolazioni: ciò che prevaleva era proprio l’irrazionalità umana, che come è stato già detto non può assolutamente portare ad una condizione migliore per l’umanità.
Bloch, infine, propone un progresso rapportato alla civiltà: esso non deve essere “coloniale” e “imperialista”, non deve essere “euforico” poiché produrrebbe solo obiettivi disumani e negativi. La civiltà a sua volta non deve imporre una “supremazia di razza” (in questo caso dell’uomo bianco) poiché nessuna popolazione è migliore dell’altra a seconda delle sue origini.
Le ombre del progresso sono proprio quegli abbagli e quelle illusioni che portano ad una generale paralisi di uno sviluppo positivo per l’umanità. Ciò che credo sia più importante, citando le parole di Bloch, “nessun indice sicuro dell’evoluzione temporale del progresso, secondo il quale nella storia, in ogni caso o anche solo sommariamente, il successivo significa di più rispetto a ciò che precedette”, ovvero credo sia molto importante riflettere sull’utilizzo del progresso poiché dalle nostre decisioni dipende la sorte della vita umana: non è detto che ciò che verrà sia indubbiamente migliore rispetto a prima e per questo dobbiamo interrogarci in modo completo su tutte le varie conseguenze che potrebbero essere apportate al seguito di una scoperta scientifica e tecnologica.
Dall’analisi effettuata si può concludere che il progresso può essere un elemento positivo ma anche un elemento negativo: dipende tutto dai nostri scopi e dal nostro utilizzo. Siamo responsabili della felicità e della sorte umana ed è nostro dovere essere responsabili nei confronti di qualcosa di cosi importante e necessario per la nostra esistenza.
Sarah Speroni 5sport