Il 3 ottobre scorso centomila donne vestite di nero sono scese nelle piazze delle grandi città e dei piccoli paesi della Polonia; non si sono presentate nelle scuole né maestre né alunne. Vestite di nero, in segno di lutto verso la loro libertà, affiancate da molti uomini, donne di sinistra, femministe e attiviste per i diritti umani a fianco di conservatrici, cattoliche ed esponenti dei movimenti per la salvaguardia della famiglia.
A riunire questa forza popolare è stata la nuova proposta di legge presentata dai conservatori del partito Diritto e giustizia (Pis); infatti se la Polonia era già uno dei paesi più rigidi e con una legge sull’interruzione di gravidanza tra le più restrittive d’Europa (consente l’aborto fino alla venticinquesima settimana solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, gravissima malformazione del feto e stupro), veniva comunque giudicata troppo permissiva dai conservatori che nella proposta di legge autorizzavano l’aborto soltanto in caso di serio pericolo per la vita della donna. La pena per un eventuale aborto illegale sarebbe stata una detenzione di 5 anni (non più di 2) sia per la paziente che per il medico, senza contare che tutti gli aborti spontanei saprebbero stati oggetti d’indagine da parte di un giudice.
Resisi conto della portata della restrizione, i cittadini, ma soprattutto le donne polacche si si sono messi in moto, o meglio si sono fermati totalmente. Prendendo ispirazione dallo sciopero delle islandesi nel 1975, durante il quale il 90 per cento delle islandesi si rifiutò di lavorare, di cucinare e di prendersi cura dei propri figli per un giorno intero, per dimostrare l’importanza del contributo delle donne alla società e per chiedere uguaglianza di trattamento e di salario, a Czestochowa il 60% delle donne non si è presentata al lavoro e il sindaco ha invitato all’astensione totale da parte di tutte le dipendenti pubbliche. Ristoranti e locali hanno chiuso per permettere al personale femminile di partecipare alle manifestazioni e in tutte le scuole sono state centinaia le giustificazioni «per sciopero contro il regime e per sostenere i diritti delle donne».
Così per la prima volta i conservatori polacchi si sono ritrovati a dover indietreggiare. “Non ci sarà un divieto totale di aborto, le proteste ci hanno fatto pensare e ci hanno dato una lezione di umiltà” ha annunciato il vicepremier Jaroslaw Gowin.
Evitata per un soffio una restrizione che avrebbe portato l’aumento degli aborti clandestini, con tutti i rischi annessi, che certo non diminuiranno, dato che rimarrà in vigore la precedente legge.
Patrizi Ortensia