Bambini e autonomia

L’articolo analizza un aspetto caratteristico della società giapponese: l’educazione all’autonomia dei bambini fin dai primi anni di vita. Un esempio emblematico è il programma televisivo Hajimete no otsukai (“La mia prima spesa”). Il caso di Hiroki, un bimbo di appena due anni e nove mesi che affronta un viaggio da solo per fare la spesa, rappresenta l’icona di questo approccio educativo.

Hajimete no Otsukai (Vecchio abbastanza) Stagione 2 disponibile su Netflix : r/JapaneseGameShows

Questo modello di autonomia infantile è reso possibile da una combinazione di fattori: l’organizzazione urbanistica delle città giapponesi, il forte senso comunitario e una cultura che considera i bambini soggetti attivi e responsabili. I quartieri sono progettati per favorire la sicurezza dei piccoli pedoni, con limiti di velocità bassi nelle piccole vie e infrastrutture che costringono gli automobilisti alla prudenza. Inoltre, la comunità gioca un ruolo chiave: i comitati di quartiere (jichikai) conoscono i bambini della zona e contribuiscono alla loro protezione. Anche il modo in cui ci si relaziona agli estranei è diverso fin dalla tenera età: salutare gli sconosciuti, a differenza dell’ideologia europea, è visto come un atto di controllo sociale e non come un pericolo. 

E’ inoltre presente nel testo lo storico rapporto del Giappone con l’infanzia, evidenziando come nei secoli il ruolo del bambino si sia evoluto da “mini-adulto” a persona con diritti propri, fino a diventare un individuo da formare per essere un futuro “membro attivo della società” (shakaijin), sottoposto però a una forte pressione scolastica e sociale.

Nonostante la visione apparentemente serena e sicura dell’infanzia giapponese autonoma, l’articolo mostra una serie di problematiche profonde. Una delle più evidenti è la forte e assidua pressione scolastica che incombe sui bambini a partire dalla scuola primaria. L’autonomia iniziale sembra finire rapidamente in un sistema altamente competitivo, in cui l’istruzione è vista come l’unico strumento di progresso sociale. Le scuole, soprattutto dopo la primaria, si concentrano sui voti più che sull’apprendimento, e i ragazzi sono spinti a studiare assiduamente anche dopo l’orario scolastico per entrare in licei prestigiosi. Questo contesto educativo, ha favorito la diffusione del fenomeno del futoko, cioè il rifiuto di andare a scuola per molteplici giorni che colpisce un numero sempre più crescente di studenti. Il futoko non è legato a cause economiche o di salute, ma spesso alla pressione psicologica che i ragazzi avvertono.

Inoltre, viene evidenziato un cambiamento nella società giapponese moderna: la crisi economica, la velocità in cui si è esposti al mondo del lavoro e lo scioglimento dei legami comunitari rendono più difficile mantenere quel modello di educazione che si era sviluppato negli anni precedenti. I genitori hanno meno tempo per seguire i figli, i bambini frequentano sempre meno la comunità di quartiere e le loro conoscenze diminuiscono. Questo contribuisce a un senso di isolamento crescente, e si sta assistendo a un’inversione di tendenza rispetto al passato: i bambini sono più dipendenti dai genitori e vivono gran parte del loro tempo tra casa e scuola.Il sistema scolastico giapponese. | by Giada Farrah Fowler | KYNODONTAS / ADOLESCENZA SENZA USCITA | Medium

Quello che più mi ha colpito, leggendo questo articolo, è il contrasto tra l’immagine tenera e commovente di un bambino che fa la spesa da solo e la dura realtà che lo aspetta crescendo. È impressionante vedere quanto fiducia venga riposta nei bambini in Giappone: dare a un bimbo di tre anni la responsabilità di svolgere un compito da solo, con la convinzione che ce la farà, rappresenta un gesto forte, che in Occidente probabilmente viene visto come incosciente o irresponsabile.

Questo modello educativo invita a riflettere su come noi, in Europa, consideriamo i bambini. Nella nostra cultura si tende spesso a proteggerli in modo ossessivo, a limitarne l’autonomia per paura dei pericoli, dimenticando che anche l’esperienza dell’errore è fondamentale per la crescita e per la costruzione del proprio percorso vitale. D’altra parte, la cultura giapponese sembra offrire ai bambini proprio questo: la possibilità di mettersi alla prova, di essere considerati capaci, anche se piccoli.

Il Giappone però non è l’unico Paese con questo metodo educatico: diversi anni fa sono andato in vacanza in Kenya nel puro centro dell’Africa. Lì molti bambini e bambine avevano sopra la testa grandi recipienti d’acqua che dovevano portare al pozzo più vicino (che poteva distare anche chilometri) senza alcun genitore ad aiutarli, il tutto si svolgeva in lunghissime strade deserte e sterrate sotto al sole cocente. In spiaggia  spesso trovavi piccoli gruppi di bambini di quattro e cinque anni che giocavano in acqua, ma anche qui senza genitori a controllarli.

Tuttavia, non posso fare a meno di domandarmi su dove finisca questa libertà e dove cominci la pressione. Se da piccoli i bambini giapponesi e di altri Paesi come il Kenya vengono spronati all’autonomia, da grandi sono spinti a una competitività estrema, che può compromettere il benessere psicologico. La scuola diventa il luogo in cui non si gioca più, ma si compete, dove il futuro sembra essere una scalata continua verso l’eccellenza.

Mi viene spontaneo chiedermi: è possibile trovare un equilibrio tra autonomia e benessere? Come possiamo educare i bambini a essere indipendenti nel svolgere le faccende, non solo domestiche, senza trasformarli in piccoli adulti stressati? La scuola, per esempio, potrebbe essere ripensata non solo come luogo di valutazione, ma anche come spazio dove si impara ad affrontare la vita, a collaborare e a conoscersi. 

In conclusione, credo che l’approccio giapponese abbia molto da insegnarci, soprattutto per quanto riguarda la fiducia nei bambini e il loro ruolo nella società. Tuttavia, ci ricorda anche che l’autonomia, deve andare a pari passo al rispetto dei tempi dell’infanzia. La vera sfida per me è proprio preparare i bambini a diventare adulti senza mai dimenticare che sono, prima di tutto, bambini.

 

Furlotti Riccardo

 

Immagini di: Reddit, Medium

foto di copertina di internazionale

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