Scacchi, abilità o memoria?

Quando si parla del livello più competitivo degli scacchi ci si pone spesso una domanda: i giocatori scelgono delle potenziali mosse ed analizzano ognuna di esse, valutando la posizione finale, o pensano a mosse giocate in partite precedenti e  magari analizzate su un computer nella loro preparazione alla partita?

A questo quesito non c’è una risposta “giusta”: infatti, mentre prima del Novecento gli scacchi erano quasi puramente basati sull’accurata analisi di ogni mossa, dato che spesso non si conoscevano partite precedenti a causa delle scarse testimonianze, dallo scorso secolo in poi la memoria è diventata un aspetto sempre più importante per gli scacchi.

Infatti molti scacchisti avevano pubblicato i libretti dove avevano annotato le loro partite e quindi studiarle era divenuto molto più semplice.

L’esempio più famoso è sicuramente quello di Bobby Fischer, scacchista otto volte campione americano e vincitore del titolo di campione del mondo nel 1972, che aveva imparato a memoria l’intero libretto di Boris Spassky e scommetteva con i passanti che avrebbero potuto sfogliare l’intero manuale, scegliere una qualsiasi pagina e dopo avergli detto il numero della partita lui sarebbe riuscito a ricordare ogni singola mossa: dove era stata giocata, in quale anno e contro chi.

Oggi nei tornei più prestigiosi non è raro imbattersi in avversari con una preparazione realizzata con Stockfish, il computer di scacchi più forte al mondo, superiore a 20 mosse, che nei casi più estremi ha raggiunto le 40. Per questo motivo abbastanza spesso alcuni giocatori giocano delle mosse che sanno non essere le migliori, per non cadere in pareggi teorici ben noti o peggio nelle preparazioni fatte con supercomputer.

E quindi in futuro, tenendo conto di tutto questo, il tetto di abilità degli scacchi potrà migliorare senza l’utilizzo di preparazioni preparate da computer come Stockfish?

Mi spiace dirlo ma a mio parere no: dato che ogni singola mossa può essere analizzata in pochi secondi da supercomputer sarà difficile, se non impossibile, trovare nuove mosse ( anche se esistono più posizioni possibile su una scacchiera che atomi dell’universo); ad ogni miglior mossa ne corrispondono poche altre e queste diminuiscono man mano che la partita va avanti, perciò si arriva abbastanza rapidamente al momento in cui la mossa più giusta è già stata giocata in precedenza da una persona o da un computer.

Però sicuramente può migliorare la velocità di calcolo, ossia il tempo impiegato da un giocatore per analizzare una sequenza di mosse, il che costituisce la più grande differenza tra i migliori scacchisti e Stockfish: infatti spesso in partite di 90 minuti più incremento per ogni giocatore già si raggiunge un’accuratezza (punteggio medio delle mosse che va da 0 a 100 attribuito da un computer) di 99.

In parole povere, ciò che dico è che nel tempo il numero delle partite quasi perfette aumenterà sicuramente proprio come accade nelle partite tra supercomputer.

Salvatore Quitadamo 2e

foto di Carlo Gaglioffo, modificata da Promedia, Torino

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