Alla domanda cosa scegli tra guerra e pace, quasi all’unanimità tutti rispondiamo scegliendo la pace, ma allora perché la guerra sembra appartenere al nostro patrimonio genetico? Perché la storia dell’umanità è un continuo susseguirsi di guerre, di atrocità, di orrori e di crudeltà?
È un poema sulla guerra, quella fra Greci e Troiani, uno dei primi grandi libri della civiltà occidentale, l’Iliade, ed anche oggi dopo quasi 3000 anni la guerra divampa ancora in svariate parti del mondo. Ma perché se l’uomo aspira alla pace, la desidera, poi sceglie la guerra?
Eraclito risponderebbe che la guerra è l’elemento necessario per raggiungere la pace, Cicerone che “Se vogliamo godere della pace, dobbiamo fare la guerra” (“Si pace frui volumus, bellum gerendum est”), Hobbes che la guerra costituisce l’essenza naturale degli uomini e solo la paura della reciproca morte convince a ricercare la pace, Freud invece risponderebbe che nell’uomo c’è un istinto naturale, aggressivo e distruttivo, che lo spinge all’odio e alla distruzione.
Qualsiasi sia la risposta, la storia sembra dimostrare un inquietante ed irrinunciabile amore dell’uomo per la guerra, anche se è proprio in queste tragiche occasioni che gli uomini mostrano le loro qualità migliori: la fratellanza, il cameratismo, la solidarietà, la pietà, l’altruismo, il coraggio che si contrappongono agli orrori della guerra, alla crudeltà, agli stermini, all’odio.
La guerra nasce quasi sempre da uno scontro, causato da interessi e visioni contrapposte e almeno in apparenza inconciliabili. L’antagonismo, la rivalità, la divergenza di opinioni finchè rimangono conflitti non violenti contribuiscono al processo stesso del confronto e quindi contribuiscono alla crescita della società stessa. Ma quando questo confronto diventa scontro e spinge l’avversario a piegarsi alla volontà altrui, allora si sfocia nel contrasto violento e nella guerra, soprattutto quando alla base ci sono interessi economici che spesso assumono più valore degli stessi interessi politici, etici e morali.
I pacifisti sostengono che la guerra sia uno strumento ormai obsoleto per la risoluzione dei conflitti, però non suggeriscono cosa fare in concreto; purtroppo predicando un utopistico amore universale non si scacciano i fantasmi della guerra.
La speranza di tutti va quindi riposta nell’abilità della diplomazia e nella costruzione di una Società delle Nazioni che abbia l’autorevolezza e la forza di risolvere le contese sulla base di leggi e regole chiare per tutti. Qualcosa che assomigli all’ONU di oggi, ma più giusta, più efficiente e più autorevole.
Soprattutto c’è la necessità di incanalare l’insopprimibile aggressività dell’animo umano verso scopi più nobili e costruttivi. Per questo è necessario educare alla bellezza, al dialogo, al pluralismo, al rispetto del diverso. Perché senza educazione non ci sarà futuro.
Gloria Mendi 3S
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