Le tre parole chiave

Fuori il tempo era nuvoloso e cupo, la pioggia sul cemento produceva un ticchettio costante, l’aria odorava di umido e di caldarroste. La finestra della cucina faceva da cornice ad un paesaggio tanto pittoresco quanto rudimentale. Il rumore dei passi sul parquet macchiato di sangue si faceva sempre più intenso mano a mano che i minuti trascorrevano. L’orologio sembrava fermo, come se il tempo si fosse bloccato. Per terra sul tappeto a scacchi bianco e arancione giaceva morta Jane Diuk Memphis, agente di polizia della contea di Hamilton in Ohio. La scena era paragonabile ad un film dell’orrore, in cui la protagonista viene fatta vittima di una morte terribile. Solo tre parole: un tagliacarte, una ciocca di capelli, un anima morta. 

La tensione aumentò sempre di più quando ad un certo punto un grido di felicità si udii dall’ ufficio del tenente Stokland. Era appena stato affidato alla più brillante poliziotta del complesso investigativo, uno dei casi più importanti nel corso dell’ultimo decennio per la polizia di Hamilton. Si tratta di Jane Diuk Menphis, una donna intraprendente ed emancipata una delle uniche a lavorare fianco a fianco ad assassini e malavitosi. Il caso in questione tratta di un serial killer che iniziò a fare stragi in città uccidendo ogni sua vittima con un tagliacarte il quale veniva utilizzato anche per tagliare una ciocca di capelli del morto, come una sorta di segno di riconoscimento. Jane uscì dall’ufficio con il sorriso stampato in faccia dal quale si poteva facilmente dedurre lo stato d’animo della ragazza. In fondo, chi poteva biasimarla: le era stato conferito un più alto livello lavorativo al quale solo lei, con le sue doti investigative, poteva indagare. Aveva preso conoscenza del caso, appena in città si diffuse la voce dei molteplici omicidi commessi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. 

Una volta uscita dall’ufficio si diresse verso il grande assortimento di bevande della stazione investigativa per servirsi di una bella tazza di caffè che era solita bere dopo una lunga giornata di lavoro. Dopo essersi servita della bevanda si posizionò alla sua grande scrivania ricolma di fogli vari e svariate piccole fotografie che ritraevano lei e suo marito, Michael Memphis anche lui un abile agente di polizia che, in rari casi, affiancava durante le operazioni con la scientifica e l’ispezione dei corpi. Si fece largo tra la moltitudine di oggetti, tra cartelle, porta penne, post-it vari e il grande computer grigio all’angolo della scrivania. Ancora con un piccolo sorriso che le inarcava le labbra si mise a leggere il lungo fascicolo sul serial killer che da giorni disseminava in città paura e terrore. Jane sfogliò e lesse con molta attenzione ogni singola informazione in modo tale da costruire sempre di più la conformità del caso. La cosa che più la colpì fu un particolare che in ogni singola vittima è presente, ovvero una ciocca di capelli che viene tagliata dall’assassino come segno di riconoscimento, un marchio che ogni serial killer utilizza nei modi più strani e fantasiosi. In questo caso, dopo aver ucciso la vittima, con la stessa arma vengono tagliati una manciata di capelli e lasciati per terra proprio affianco al corpo. Jane ispezionò ogni singola fotografia riguardanti le ultime tre vittime uccise dal misterioso assassino. Si segnò su un post-it giallo tutte le sue idee, i suoi pensieri sul caso e ciò che più la colpì. Inoltre, nonostante la visibile stanchezza che traspariva dai suoi occhi, cercò dei particolari comuni in tutte e tre le vittime, qualcosa che accomunasse ciascuno dei corpi. Oltre ai capelli riuscì a scovare un altro dettaglio e cioè una posizione particolare del corpo che, in modi molto simili, veniva riportato su ogni vittima, ma ciò potrebbe anche solo essere un depistaggio o un qualcosa di simile per mandare fuori rotta gli agenti investigativi. Ormai l’ufficio era vuoto e dopo circa due ore passate a sfogliare e a leggere le informazioni del fascicolo, Jane decise di prendersi una pausa da tutto quel lavoro e tornare finalmente a casa con una bellissima notizia in serbo da raccontare a suo marito. 

Lungo la strada di ritorno, Jane pensò a lungo al caso a lei affidato. Iniziò ad immaginare come andarono realmente i fatti accaduti, come si potesse svolgere un omicidio pensato con così tanta attenzione ai dettagli ma soprattutto un’idea martellava la testa dell’agente Diuk: chi poteva essere stato a commettere così tanti omicidi? 

All’interno della sua nuova Ford grigia, Jane rifletteva e ragionava su come una mente così astuta avesse potuto organizzare con tanta precisione un piano così accurato. Assorta tra i suoi pensieri, il semaforo si illuminò di un verde acceso, quasi abbagliante e nel mentre imboccò la via per casa Memphis nella quale suo marito Michael e sua cognata Nora la stavano aspettando con ansia. Con precisione e accuratezza posteggiò il veicolo nel grande spiazzo di cemento di fronte al garage in legno della proprietà e con passo spedito si diresse verso l’entrata di casa dove Billy, il piccolo cagnolino bianco di razza maltese, la stava attendendo con impazienza. La piccola coda pelosa iniziò a scodinzolare e Jane si chinò verso di lui per accarezzare il suo dorso riccioluto. Portò le chiavi alla serratura quando questa si aprì di scatto ed una voce squillante risuonò per tutto il giardino. Era Nora, la sorella di Michael, una ragazza alta e slanciata, con capelli color nero corvino e due occhi azzurri come profonde cascate d’acqua. Si fiondò su Jane in un caloroso abbraccio e in amichevoli baci sulle due guance arrossate. Entrarono entrambe in casa, percorsero il piccolo corridoio dell’entrata e raggiunsero Michael in cucina, il quale aveva appena sfornato un dorato arrosto accompagnato da patate fumanti e qualche rametto di rosmarino ai lati. Si salutarono e si scambiarono un piccolo bacio sulle labbra quando all’improvviso Nora fece dei grandi complimenti a Jane per la sua promozione lavorativa, un grandissimo traguardo per lei. Avrebbe sperato di sorprendere i due con questa fantastica notizia ma aveva dimenticato che entrambi lavoravano al distretto e che avrebbero appreso la notizia di lì a poco. C’era aria di gioia in casa, il camino che dava sul salotto era acceso, la grande tavola in sala da pranzo ospitava tre grandi candele arancioni su di un candelabro placcato in oro e la caraffa d’acqua. I tre grandi calici si riempirono di vino quando Michael prese la bottiglia e iniziò a versare il bere. Mangiarono e bevvero in grande quantità per festeggiare il nuovo inizio di Jane, quando però ci si addentrò con maggiore attenzione nel caso del serial killer della piccola contea di Hamilton. L’argomento non era dei migliori, ma era grazie a ciò che Jane riuscì ad ottenere l’aumento. Si addentrarono nei dettagli del caso, il quale appariva alquanto inquietante e macabro. Jane si allontanò per recuperare il fascicolo un po’ stropicciato all’interno della borsa di pelle e iniziò a leggere e a raccontare ogni particolarità del caso e ogni circostanza avvenuta. Michael prestò molta attenzione al suo racconto poiché è sempre stato appassionato di queste tipologie di casi. Nora pareva distaccata quasi disinteressata, ma probabilmente fu solo un impressione di Jane poiché la stanchezza facilmente deducibile dal suo volto parlava chiaro del suo stato d’animo. A fine serata venne l’ora di togliere piatti e stoviglie dalla tavola e Michael si offrì volontario per lasciare da sole le due amiche e cognate Nora e Jane. Entrambe si diressero verso l’ampio salotto dal camino fumante e dal divano color beige. Si sedettero su di esso e Jane iniziò ad esporre le sue perplessità sul caso e sui dettagli più strani. 

Si addentrarono sempre più nell’argomento quando però Nora, a causa della sua estenuazione, decise di tornare a casa e si scusò con entrambi i coniugi per questa sua mancanza. I due rimasero da soli quando, nel mentre delle loro faccende, iniziarono a dialogare sul comportamento sempre più strano della cognata. Si scambiarono opinioni sul suo atteggiamento a causa del modo distaccato con cui partecipava alle conversazioni. Citarono anche il suo passato, un passato difficile e travagliato. Infatti, Nora, all’età di dodici anni venne abusata e da quel giorno alcuni argomenti non vengono più trattati né da lei né da chi le sta accanto. La giornata fu pesante e lunga perciò Jane decise al più presto di mettersi sotto le coperte a riposare fino al mattino seguente. Purtroppo non fu così semplice addormentarsi tra mille pensieri che attanagliavano la testa e dopo qualche camomilla e tisana decise di alzarsi e sfogliare nuovamente il piccolo fascicolo dal grande contenuto, che da qualche ora le dava il tormento. Ad un certo punto Jane arrivò a notare un particolare molto interessante e cioè che le vittime del serial killer avevano tutte dei precedenti penali e che quindi, molto probabilmente, l’assassinio dei tre è avvenuto per vendetta. Presa dall’euforia del momento per aver scoperto una cosa così importante decise di trascrivere tutto su dei fogli rimediati dal fascicolo. Purtroppo però, a causa dell’esaurimento dovuto alla giornata si addormentò su di un tavolino in mezzo a tutti quei fogli svolazzanti che ebbero un ruolo fondamentale per lo svolgimento del caso. Il giorno seguente Michael andò al lavoro molto presto e lasciò riposare sua moglie Jane dopo quella giornata asfissiante. 

Il clima era freddo e l’ambiente tenebroso. Le chiavi entrarono rapidamente nella serratura della porta d’ingresso, che si aprì con uno strano cigolio; i passi felpati avanzarono lenti, poi ad un tratto un rumore. Solo tre parole: un tagliacarte, una ciocca di capelli, un’anima morta. La macchina di Michael venne parcheggiata adiacente alla casa dei due Memphis quando ad un certo punto la voce dell’uomo chiamò la moglie Jane. La scena in salotto fu sconvolgente. Jane era per terra, le macchie di sangue la circondavano e il tappeto sulla quale era appoggiata era cosparso di fogli e cartacce. Michael si avvicinò preso dal panico mentre provò a rianimarla per scovare qualche segno vitale. Purtroppo Jane era distesa senza vita sul pavimento, un oggetto molto appuntito le aveva colpito la schiena, questo è quello che confermò la scientifica – di cui anche Michael faceva parte – che analizzò il corpo. La disperazione invase il signor Memphis, il quale cadde per terra in un pianto disperato. Aveva appena perso una moglie, un’amica e una collega. Passavano i giorni e Michael era sempre più scoraggiato, le sue forze erano minime e la sua volontà di continuare la sua vita quotidiana lo abbandonò man mano. Nel frattempo le indagini riguardanti l’agente Jane Diuk Memphis vennero sospese a causa di mancanza di prove. Visse settimane e perfino mesi in questo stato d’animo, più precisamente tre mesi in cui non vedeva neanche uno spiraglio di luce nelle sue giornate. Trascorse gran parte del suo tempo senza fare nulla di producente, addirittura il suo amato lavoro passò in secondo piano. Questa oramai divenne una routine. 

Una mattina Michael si alzò dal divano, che dopo tutti quei mesi era diventato una tappa fissa nella sua giornata e trovò un foglio, un foglio con scritte delle informazioni. La scrittura non era del tutto chiara, ma in gran parte era comprensibile. Si fermò attonito da questa scoperta e perciò decise di prestare molta attenzione a ciò che stava leggendo. Passarono dieci minuti e i suoi occhi erano fissi su quel foglio, poi alzò la testa con gli occhi spalancati, quasi scioccati. I fatti furono subito più chiari. Tutti quei sospetti, tutte quelle supposizioni si risolsero immediatamente. I serial killer, quando compiono i loro omicidi, lo fanno per uno scopo ben preciso, un qualcosa che vogliono rivendicare o un qualcuno che vogliono punire; una motivazione che va aldilà di ogni supposizione. Spesso durante le loro azioni vogliono ricordare un certo momento trascorso, ripercorrendo alcuni avvenimenti accaduti in passato che per loro sono stati significativi e che in qualche modo c’entrano con la motivazione dell’omicidio. Spesso ciò è dovuto ad un trauma e tendono dopo questo ad emarginarsi dalla realtà o da argomenti e discorsi. 

Michael si alzò, guardò il foglio che teneva in mano e si accasciò per terra sbigottito, poiché in quella sera erano sorti molti dubbi che, nello stesso preciso istante, vennero confermati.

Perotti Arianna e Molinari Chiara, 1B 

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