Stati di crisi – La crisi libica tra fuoco e acqua. Petrolio, migrazioni e (dis)ordine internazionale

Come funzionano i rapporti internazionali tra Stati?

Quali meccanismi ne stanno a fondamento?

Come possiamo inserire la crisi libica nello scenario internazionale?

Queste sono solo alcune delle domande a cui il professore Luca Raineri, ricercatore di “studi di sicurezza” presso la Scuola superiore di Sant’Anna di Pisa, ha risposto durante il terzo incontro del ciclo di conferenze “Stati di crisi” tenute nei licei di Parma, in collaborazione con Carlo Ugolotti, storico dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, e la professoressa Alessandra Mastrodonato.

Cosa vi viene in mente pensando alla Libia?” 

La storia di questo Paese è stata direttamente influenzata dallo Stato italiano a partire dalle scelte di politica estera e coloniale di Giovanni Giolitti e a sua volta, è stata protagonista di uno degli interventi più rilevanti e significativi compiuti dalla NATO nell’ultimo ventennio.

Tutto ha inizio dopo la sconfitta italiana nella Seconda Guerra Mondiale, quando la Libia attraversa una fase di costruzione d’indipendenza tumultuosa prima sotto il sovrano Idris e successivamente sotto il giovane colonnello Muammar Al Gheddafi. Quest’ultimo, ottenendo il potere attraverso un golpe militare, in 42 anni di governo ha cercato di costruire uno “Stato senza Stato”, attraverso un complicato sistema di bilanciamento delle piccole realtà particolari già presenti sul territorio, che ha permesso alla Libia di unificarsi e integrarsi totalmente nell’ipercapitalismo del XXI secolo.

Ma a livello internazionale la Libia di Gheddafi risultava essere governata da una politica irrispettosa dei diritti umani, basata sulla violenta repressione del dissenso e che finanziava i maggiori gruppi terroristici nel mondo. Quindi, perché mai si dovrebbero instaurare dei rapporti con questo Paese?

La grande disponibilità di petrolio, la posizione strategica che consentirebbe il controllo dei flussi migratori e la grande capacità di lettura delle dinamiche segrete del terrorismo internazionale sono tre elementi fondamentali che hanno reso la Libia un partner particolarmente appetibile per gli altri Paesi. Ad un certo punto, quindi, si è deciso di entrare in accordi con il Paese di Gheddafi.

“Secondo voi, è stata una buona o una cattiva idea?”

Analizzando le diverse opzioni e improvvisando una simulazione delle Nazioni Unite con gli studenti, i relatori hanno dispensato alcune preziose lezioni di Relazioni internazionali applicate alla crisi libica e al contesto mondiale che si è sviluppato attorno alla Primavera araba del 2011.

In questo periodo, la comunità internazionale si è trovata davanti alla dura decisione di intervento: Gheddafi annuncia di voler scovare tutti “gli scarafaggi”, i rivoltosi libici suoi oppositori politici per assassinarli uno ad uno.

Seppur violando la norma internazionale di non intervento in caso di conflitti interni ad un Paese, alcuni Stati si sono sentiti in dovere di proteggere i civili in pericolo, mentre altri non avevano intenzione di derogare al diritto internazionale.

“Cosa avreste fatto?”

La risposta a questa domanda risulta essere più complicata del previsto, come hanno appurato gli studenti stessi nel momento in cui le opinioni in platea hanno cominciato ad essere contrastanti.  Nel 2011, il Consiglio di sicurezza dell’Onu autorizza un intervento con raid aerei e incursioni in Libia e Gheddafi viene catturato e ucciso.

 

Le dinamiche delineate dai relatori durante l’incontro hanno configurato un mondo completamente diverso da quello in cui siamo cresciuti, dal Dopoguerra in poi. Oggi, l’ipotesi di una guerra vera non è più da escludere. Oggi, le principali potenze militari e strategiche del mondo si stanno preparando alla guerra e non a piccoli interventi “umanitari” in Paesi in via di sviluppo. 

“Il mondo che vi consegniamo, è un mondo in cui non solo il cambiamento climatico determinerà l’alterazione definitiva del contesto in cui siamo abituati a vivere; non solo un debito terribile graverà sulle teste di tutte le generazioni a venire; è un mondo in cui il rischio di una guerra vera, una guerra in Europa con tanto di bombardamenti e missili, è un’opzione non più considerata irrealistica dai nostri strateghi militari. È un mondo in cui c’è bisogno di pace, e la pace non la fanno i vecchi. Ho fiducia in voi.” Conclude speranzoso Luca Raineri.

 

Celeste Barbieri 5F

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