The Hill We Climb: la poesia di Amanda Gorman

La mattina del 20 Gennaio Amanda Gorman aveva paura di non riuscire a girare le pagine della poesia per le dita troppo intirizzite dal freddo, di inciampare camminando verso il podio o un’altra serie di ansie più o meno grandi che la assillavano,  comprensibili, considerando che stava per recitare una poesia sul palco del Campidoglio  per l’insediamento di Joe Biden di fronte allo stesso presidente, la vicepresidente e centinaia di milioni di persone di tutto il mondo che l’hanno osservata in diretta tv.

A 22 anni, laureata ad Harvard, vanta già il titolo di National Youth Poet Laureate ed è la più giovane poetessa che abbia mai recitato alla cerimonia di insediamento presidenziale di un democratico.

Consapevole di tutta l’attenzione che avrebbe avuto su di sé e dell’importanza di quell’evento, era in preda all’agitazione quel mattino, eppure non lo si direbbe a guardarla mentre si avvicina al podio con passo tranquillo, avvolta nel suo cappotto giallo, e recita la sua poesia “The Hill We Climb”  in modo impeccabile.

Una poesia che è un inno a lottare, ancora una volta, con ogni nostro respiro,  facendo in modo che il mondo intero ci sia da testimone e possa dire alla prossima generazione che i loro antenati sono stati dei combattenti. In un mondo e in un momento dove tutti si guardano intorno spaesati alla ricerca di una soluzione, Amanda Gorman ci ricorda che noi possiamo essere la soluzione, che possiamo essere al tempo stesso il problema ma anche la chiave per risolverlo. La poetessa parla delle dure prove che la sua nazione si è trovata ad affrontare, molte delle quali sono condivise da tutto il mondo, che ci hanno colto di sorpresa e ci hanno messo in ginocchio, ma ci ricorda anche che abbiamo ancora abbastanza energia per rialzarci.  La “catastrofe”, come lei la chiama, costituita dalla malattia e da tutti quei problemi già esistenti che abbiamo sempre ignorato e ora hanno presentato il conto,  non ha avvertito prima di arrivare. Ci ha raggiunti nascosta dalle tenebre, che ci hanno inghiottito completamente.

Però, noi siamo abbastanza potenti da far tornare la luce. Noi possiamo essere la luce. Il buio ci ha colto così di sorpresa  che ci siamo messi all’immediata ricerca di una torcia dimenticandoci che noi stessi siamo in grado di illuminarci,  e farci luce da soli. E se riuscissimo  a unirci, appianando le divergenze e ponendo finalmente fine ai pregiudizi e alle ingiustizie che da sempre ci dilaniano, da tante luci  potrebbe  nascere un sole. Non c’è stato modo di fermare l’arrivo delle ombre, ma adesso possiamo porre fine alla loro avanzata. È ora di far sorgere l’alba.

 

Qui la traduzione di The Hill We Climb

 

Quando arriva il giorno ci chiediamo:                                                                                                                                                                                                         

dove possiamo trovare luce in queste tenebre infinite?

La perdita che portiamo con noi, 

è un mare che dobbiamo guadare.

Noi siamo entrati nella tana del lupo, 

 abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace

e che solo perché qualcosa esiste non significa che sia giusto. 

E tuttavia l’alba è arrivata 

prima che ce ne rendessimo conto 

in qualche modo ce l’abbiamo fatta, 

in qualche modo siamo stati  testimoni 

di come questa nazione non sia distrutta ma semplicemente incompleta.

Noi siamo successori di una nazione e di un’epoca 

in cui una snella ragazza afroamericana, 

discendente da  schiavi e cresciuta da una madre single,   

può sognare di diventare presidente

 per poi  ritrovarsi effettivamente a comporre per uno di loro.  

E sì, siamo lontani dall’essere raffinati, 

lontani dall’essere immacolati,

 ma questo non significa

 che il nostro impegno non sia teso 

a  formare un’unione perfetta. 

Ci stiamo sforzando di plasmare  un’unione che abbia uno scopo e 

di  dare origine ad una nazione devota  a ogni cultura, colore, carattere  e  condizione sociale. 

E quindi non guardiamo a cosa c’è tra di noi, 

ma a cosa c’è  di più importante di noi.

Chiudiamo la distanze che ci dividono  perchè ,

per mettere il nostro futuro al primo posto ,

dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze.

Abbassiamo le braccia lungo i fianchi in modo da poterle allargare 

gli uni verso gli altri. 

Cerchiamo di non ferire nessuno e armonia  per tutti.

Facciamo in modo che il mondo , se non altro, possa dire questo:

che anche se addolorati, siamo cresciuti

che anche se feriti, abbiamo  sperato

che anche se stanchi, ci abbiamo provato

che saremo per sempre legati insieme, vittoriosi,

non perchè non verremo mai più sconfitti 

ma perchè non semineremo  mai più discordia.

Le Sacre Scritture ci chiedono di immaginare

 che ciascuno possa sedere sotto la propria vite e il proprio albero di fico 

e  lì non essere spaventato.

Se riusciremo ad  essere all’altezza della nostra epoca

la vittoria non giacerà nella lama di un’arma,

ma in tutti i ponti che avremo costruito.

Questa è la promessa necessaria ad oltrepassare 

la collina su cui ci inerpichiamo, 

se solo avremo il  coraggio di farlo.

Perchè essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo,

è il passato con cui ci ritroviamo 

e come decidiamo di porvi rimedio.

Abbiamo visto una forza che avrebbe mandato in frantumi la nostra nazione 

anziché unirla,

avrebbe distrutto il nostro paese

pur di ritardare  la democrazia,

e c’è quasi riuscita.

Ma sebbene la democrazia possa essere periodicamente rinviata  

non potrà mai essere permanentemente sconfitta.

In questa verità,

in questa fede crediamo.

Perché mentre noi teniamo  gli occhi sul nostro futuro,

la storia punta gli occhi su di noi.

Questa è l’era della redenzione.

Noi avevamo paura del suo arrivo,

non ci sentivamo preparati ad essere gli eredi

di un momento così terrificante 

ma al suo interno abbiamo trovato la forza 

di essere gli autori di un nuovo capitolo, 

di ridere e sperare di nuovo.  

E così, mentre una volta ci chiedevamo

come potremo mai prevalere sulla catastrofe? 

Adesso affermiamo

come potrebbe mai la catastrofe  prevalere su di noi?

Non torneremo indietro su ciò che è stato, 

ma ci muoveremo verso ciò che dovrebbe essere.

Un Paese che è ferito ma intero

benevolo ma audace

fiero e libero.

Non saremo abbattuti 

o interrotti da nessuna intimidazione

perché sappiamo che la nostra immobilità  e inerzia

sarebbero  l’eredità della prossima generazione

la quale dovrebbe farsi carico dei nostri errori.

Ma una cosa è certa  

se noi mischiamo la misericordia alla forza 

e la forza alla giustizia

allora l’amore diventa il nostro lascito

e il cambiamento un diritto di nascita per i nostri figli.

Perciò lasciamoci alle spalle un Paese 

migliore di quello che è stato lasciato a noi.

Con ogni respiro di cui il  mio  petto scolpito nel bronzo è capace ,

trasformeremo questo mondo ferito in uno meraviglioso.

Risorgeremo dalle colline dorate  dell’ovest, 

risorgeremo dal nordest  spazzato dal vento,

 in cui i nostri antenati, per primi, fecero la rivoluzione.

Risorgeremo  dalle città  circondate dai laghi degli stati del centro ovest,

 risorgeremo dal sud baciato dal sole. 

Ricostruiremo, riconcilieremo e ripareremo

ogni nicchia  conosciuta della nostra nazione

 e in ogni angolo del nostro paese 

le nostre persone, belle e diverse, emergeranno

segnate  ma  bellissime. 

Quando il giorno arriverà noi usciremo dall’ ombra 

in fiamme e senza paura. 

La nuova alba sorgerà   nel momento in cui la libereremo  

perchè c’è sempre luce

se solo siamo abbastanza coraggiosi da vederlo

se solo siamo abbastanza coraggiosi da esserlo. 

 

 

CamillaBarilli

 

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