Un mondo senza rumore di auto nelle strade. Senza grida dei bambini che giocano nel parco.
Senza musica nei locali affollati. È sempre il nostro mondo?
Quando quella prima volta abbiamo sentito il nome “coronavirus” non ci ha spaventati, sembrava
una cosa lontana, troppo lontana da noi, che non sarebbe arrivata nelle nostre strade, che non
avrebbe causato vittime tra le nostre famiglie. E invece oggi i suoni della normalità non si sentono
più: non si sentono più i motori delle auto, non si sentono più le risate dei bambini al parco, non si
sente più la musica nei locali al sabato sera.
Sì, questa situazione ha cancellato molti dei vecchi rumori, ma ci ha dato l’occasione di
ricominciare a sentirne altri, più sottili, così delicati da essere difficili da percepire.
Da quanto tempo non sentivate il suono del vostro pensiero? Quanto tempo è passato dall’ultima
volta che avete sentito il vento accarezzare i rametti degli alberi dietro casa?
Non preoccupatevi se, ancora, voi non avete ripreso a sentirli perché oltre ai suoni leggeri da
riscoprire, questo stare a casa, ne ha creati anche di nuovi.
29 febbraio
Situazione attuale: inizio a sentire il suono della mia testa che legge. Avete presente quando state
leggendo senza dire le parole a voce alta? Ecco, proprio quello, solo che nei giorni normali,
intendo quelli prima di oggi (giorno in cui mi sono ricordata di quella vocina), mi sarei concentrata
più sul senso di quello che leggevo che sul tono della voce della mia testa… Nei giorni normali
avrei anche pensato che, quando inizi a sentirla, forse è il momento di iniziare a vedere un
terapista, ma in queste circostanze penso solo sia una bella esperienza. Non fraintendete, non è
una gran cosa esser disturbati dal proprio pensiero che scorre le parole che trova sulla pagina, ma
piuttosto è l’idea di aver recuperato questo suono a piacermi. Pensavo di averlo perso circa in
seconda elementare, quando provavo a leggere il testo prima che la maestra mi chiamasse per
leggero ad alta voce, così sapevo come suonava, ma oggi ho scoperto che non se n’è mai andato.
Credeteci o no, stare a casa tutto il giorno, porta anche ad ascoltare la propria vocina interiore.
21 marzo
Un altro sabato sera in quarantena. Chissà quale allettante gioco in scatola proporrà oggi la mia
famiglia… Non che non mi piaccia la compagnia, però, una sera Monopoly, una sera scala
quaranta, una volta briscola e una Taboo direi che possono bastare.
Quando penso che la cosa non possa che peggiorare, sento un vocione metallico provenire dalla
finestra del salotto: è l’inquilino della casa di fronte che ci informa che alle nove di sera avrebbe
avuto inizio un torneo di tombola aperto a tutti i vicini. Per prima cosa penso “No, no, anche la
tombola no”, poi mi accorgo che è la prima volta che sento la voce di quell’omino minuto così forte,
per via delle enormi casse collegate al microfono con cui parlava. Un po’ mi diverte e decido di
partecipare.
20:45. Alla tombolata, quindi, non posso mancare: mi munisco di una sedia, posizionata sul
balcone con la giusta angolazione per non prendere freddo, un numero di cartellette decisamente
superiore al necessario, un pennarello rosso per segnare i numeri e uno strano megafono trovato
in casa, per chiedere quali numeri sono usciti quando si avvicina la fine.
21:30. Siamo già alla seconda manche e non è che stia proprio vincendo… Però è proprio una
bella serata: l’idea del megafono non l’ho avuta solo io e il mio condominio sta facendo più rumore
ora di quanto ne abbia mai fatto da quando ci abito, i bambini chiamano “Cinquina! Cinquina!”
come se si conoscessero da tempo, anche se credo che alcuni non si siano mai visti, l’omino del
microfono estrae i numeri come se avesse fatto solo quello per tutta la vita e io era da un mese
che non ero così felice di sentire tutto quel rumore.
25 aprile.
Quando apro gli occhi, la prima cosa che vedo è un grande alone luminoso, leggermente
intralciato dalle finestre. I miei occhi appena svegli non possono reggere questa luce mattutina,
quindi sono costretta ad alzarmi per abbassare le tapparelle. Arrivo alla finestra, mi accorgo che
tutti i balconi del mio condominio sono decorati con una bandiera tricolore e, solo allora, ricordo:
oggi è il 25 aprile!
Certo, certo, come ho fatto a dimenticarmene? Beh in effetti una ragione c’è: da ormai due mesi
tutti i giorni per me sono uguali… Mi sveglio, studio, pranzo, faccio un po’ di allenamento, cerco
qualunque modo per passare la giornata e, quando sono fortunata, arrivo all’ora di cena senza
aver discusso con nessuno.
Mentre mi perdo nella mia testa, cercando di giustificare il fatto che ormai ho perso totalmente la
cognizione del tempo, sento una vocina sottile sottile che accenna il ritornello di “Bella ciao” e,
tornata nel mondo reale, cerco di capire l’origine di quella melodia patriottica. La trovo in un
balcone poco lontano al mio: una signora sulla novantina che, arzilla come pochi, canta la canzone
della resistenza e incita il vicinato a fare lo stesso. Tempo qualche verso e la sua vocina, raggiunta
da quelle di una ventina di famiglie, è diventata un coro. Non mi era mai capitato di commuovermi
sentendo una voce unica provenire da venti case differenti.
Ho visto fare, a questa quarantena, l’impossibile. Da quando sono in casa ho sentito la voce dei
vicini, il cinguettio degli uccellini sul mio tetto, le sirene delle ambulanze, gli inviati che ci
aggiornano freneticamente da dietro le mascherine, ma anche i miei pensieri, il battito del mio
cuore vicino a quello di ogni medico, di ogni volontario e di ogni malato come in una grande
famiglia. Ho sentito fare, a questa quarantena, i rumori più belli e quelli più tristi.
Non so quando tutto questo terminerà ma so che rimarrò capace di ascoltare questo “rumore di vita”.
Cleo Cantù 2F