Mi accomodo tra le timide margherite del mio giardinetto: un quaderno sulle ginocchia e gli occhi semichiusi rivolti verso l’alto. Ormai è da quasi due mesi che il panorama è sempre lo stesso: una porzione di cielo incastrata tra le linee dure dei palazzi e le folte chiome degli alberi. Mai, però, il paesaggio mi rapisce come in questi giorni; mi tormenta e quasi mi angoscia, essendo forse la prova più concreta di tutto ciò che sta accadendo. Eppure non è altro che un forte paradosso: una finestra da cui è possibile affacciarsi sulla realtà, ma contemporaneamente anche una barriera, che ci ostacola a ritrovarla. È una sorta di porta chiusa che mi spinge alla ricerca di una chiave, che poi, in fondo, combacia solo con la “meditazione” e la “riflessione”, che ormai ricadono in quantità industriale nelle nostre giornate. Evidentemente questo l’aveva capito già duecento anni fa anche Leopardi, mentre componeva “L’Infinito”, con gli occhi fissi sulla celebre siepe e le membra in movimento per superare l’ostacolo. Ecco. Questa quarantena, non è altro che uno stimolo a scavalcarlo, così da potersi finalmente guardare dentro, attività da cui solo la frenesia della vita quotidiana poteva distoglierci.
La stessa poetessa Mariangela Gualtieri ha scritto circa un mese fa che questo era “desiderio tacito comune”: tutti nel più profondo desideravamo fermarci e questa è l’occasione che ci è stata donata per apprendere qualcosa di nuovo e aprire gli occhi davanti ai soliti errori, ai quali ormai non facciamo neanche più caso. Le nostre vite ora procedono nella stessa direzione: ognuno di noi si incammina finalmente verso una sorta di maturazione complessiva, una strada tortuosa per alcuni, ma magari più semplice per altri. Penso che questo momento abbia davvero unito le persone, legandole con un filo comune: uno stesso obiettivo. È il mezzo per raggiungerlo a svilupparsi in maniera differente da individuo a individuo: per esempio per me si è trattato della già nota “resilienza” (concetto comunque a me estraneo fino a qualche tempo fa), a cui mi ha condotto una profonda presa di coscienza della situazione.
Una vita monotona e abitudinaria, infatti, non porta altro che angoscia nei confronti delle novità e a una visione pessimistica su qualsiasi cosa. Il mio vuoto da colmare era dunque quello e, dopo qualche giorno passato a disperarsi per la noia e la frustrazione, anche la mia testa, stranamente libera da qualsiasi pensiero, ha ceduto allo strano brio che fluttuava nell’aria. Rinunciare alla normalità e affrontare con positività la faccenda è stata dura, ma allo stesso tempo anche una grande conquista, poiché ha sancito anche un rinnovamento dal punto di vista del mio carattere. La soddisfazione alla fine è stata immensa, tanto grande da concedermi persino di apprezzare le tante attività sulle quali ero solitamente prevenuta.
La mia strada, in fondo, non è stata altro che uno scambio sulla scala dei valori: da pregiudizio a tolleranza, e da negatività a positività. Questo distoglierci dalle nostre vite di sempre non dev’essere visto come una privazione, ma come un dono di coraggio, per chi non ha mai avuto la forza di cambiare.
Letizia Bruno 2D