Quando ci addormentiamo, dove andiamo?
Questa è uno dei grandi interrogativi della storia a cui ancora non esiste una risposta certa. Al fine di studiare il comportamento della nostra mente durante i sogni, Freud ha dato vita alla Psicoanalisi e ha elaborato una sua tesi, espressa nel volume “L’ interpretazione dei sogni”. Qui il mondo onirico, generato da ciò che ci è avvenuto durante l’infanzia, è descritto come un’entità volta alla soddisfazione dei desideri.
Il mondo scientifico, ma anche quello letterario, artistico e musicale, hanno spesso tentato di raccontare questa realtà parallela, nel corso dell’ultimo secolo. Ma oggi, per noi giovani, pur circondati da vari prodotti multimediali che continuano a parlarci di tutto ciò, il linguaggio più immediato resta sempre a mio parere quello della musica. Ed ecco allora il tentativo di una giovanissima proposta: Billie Eilish, cantante americana (diciott’ anni ancora da compiere) che in pochi anni ha scalato tutte le classifiche, divenendo così un’artista di fama mondiale.
Il suo secondo lavoro discografico s’ intitola, appunto, “When we all fall asleep, where do we go?” e ci racconta il suo mondo onirico, arrivando anche a toccare in maniera precisa quei disturbi del sonno di cui l’ artista stessa ha sofferto sin da piccola.
“L’album fondamentalmente è su ciò che accade quando ti addormenti. Per me, in ogni canzone dell’ album c’è la paralisi del sonno. Ci sono terrori notturni, incubi, sogni lucidi. Ho sempre avuto terrori notturni davvero pessimi. Ho avuto la paralisi del sonno cinque volte. Tutti i miei sogni sono lucidi, quindi li controllo.” Ha spiegato la Eilish durante un’ intervista. Infatti possiamo notare che ogni brano è avvolto da un’ atmosfera cupa e malinconica. Eppure quest’ ultima non disturba l’ ascolto: le tetre sonorità elettroniche vengono addolcite dai delicati accompagnamenti di chitarra e piano che, secondo me, possono essere interpretati come la personificazione di una madre intenta a consolare il figlio dopo un incubo. Ma un’ attenzione speciale va al particolare timbro di questa vocalist, delicato e morbido, che le permette di bilanciare il contenuto di testi malinconici e a tratti macabri. È il caso di “Listen before I go”, oppure “Ilomilo”, dal sound inquietante.
In “Bury a friend”, una delle canzoni che ha anticipato l’ uscita dell’ album, ciò che si percepisce maggiormente è la rabbia, la frustrazione, che scaturiscono dal ritrovare in se stessi una parte buia e sconosciuta. Billie Eilish ha spiegato quest’ aspetto così:
“Bury a friend è letteralmente il punto di vista di un mostro sotto il mio letto. Se ti metti in quello stato mentale, cosa sente e cosa fa quella creatura? Confesso di essere quel mostro, perché io sono il mio peggior nemico.”
Nell’ultima traccia, la cantante ha deciso di abbandonare però il racconto del suo malessere, concludendo l’album con un velo di ironia, più tipico della sua età, dato che l’ultimo pezzo, “Goodbye”, ha un testo costituito da varie frasi tratte dai precedenti brani, che si adagiano, senza apparentemente seguire un filo logico, su una melodia volutamente elementare. L’artista gioca molto su questi aspetti, mimando spesso vere proprie melodie infantili, come le ninne nanne.
Non siamo di fronte certamente ad un’artista che cerca di costruire e proporre il proprio personaggio, né la propria musica, per scopi essenzialmente commerciali. Billie Eilish è riuscita a dare vita a un album che difficilmente si attribuirebbe a una diciassettenne, caratterizzato da una maturità notevole; questo, grazie alla dissonante alchimia armonica e testuale. Un CD che consiglio vivamente di ascoltare!
Letizia Bruno 1D