Cari amante dell’arte, voi che guardate le cose e pensate a come potevano essere state se non fossero state definite e intitolate così dall’autore o dalla comunità, questo articolo è per voi.
Forse non vi è mai capitato di ritrovarvi in una città che non è la vostra, la nebbia un poco fitta, i corsi d’acqua che rispecchiano i palazzi, solitamente dai colori sgargianti, ora quasi opachi, oppure vi è capitato, o lo state vivendo proprio ora.
Sicuramente, se c’è una città in cui questo può succedervi, quella è Venezia, che sfatando il mito della cartolina, non è sempre soleggiata e accesa.
Succede che proprio in una di queste giornate diverse, dopo essersi completamente persi e completamente ritrovati, si alza lo sguardo e ci si trova dall’altra parte della città davanti a un piccolo cancello seminascosto da una siepe, al numero 701 di via Dorsoduro della capitale della regione Veneto.
Eccoci: benvenuti alla collezione Peggy Guggenheim.
Peggy Guggenheim, il cui vero nome era Marguerite ( nata a New York il 26 agosto 1898 e morta a Camposampiero il 23 dicembre 1979), si è impegnata nella vita nel collezionismo di opere di arte moderna; ad oggi le sue opere sono visibili in soli tre musei: a New York (USA), a Bilbao (Spagna) e a Venezia (Italia).
Il primo luogo in cui ci si trova, dopo essere passati dalla biglietteria, è un cortile interno, lungo il quale, nascosta tra le foglie, è posta una scritta, potente non solo per la luce a neon che contrasta con la grigia giornata, ma anche per il suo importante significato: “Se la forma scompare, la sua radice è eterna”.
Con questo carpe diem inizia la visita all’ interno del museo, dove ogni spazio, anche il più insignificante angolo, è divorato dall’arte, e conseguentemente la emana nell’aria, rendendo la visita una full immersion nell’ arte degli ultimi secoli.
La visita è un turbinio di emozioni: sguardi sfuggenti rivolti alle opere della collezione Schulhof, pensieri profondi davanti ai quadri di artisti come Mirò o Mondrian, e cuori bloccati nell’osservazione della perla del museo, “The empire of light” di Magritte.
Guardare e andare oltre a ciò che si vede, analizzare I quadri e le sculture non solo con le conoscenze artistiche che possediamo, ma anche attraverso il resto del nostro bagaglio culturale: è la chiave per capire cosa questo tipo di arte vuole dirci, con le sue innumerevoli letture e i suoi infiniti significati che coesistono senza un’unica verità.
Dopo essere stati immersi nel colore, la giornata non è più tanto grigia, e quando, dopo essere usciti nel cortile interno, dove si staglia la scritta a neon “Changing place, changing time, changing thoughts, changing future “, ci ritroviamo davanti a un piccolo cancello quasi nascosto da una siepe, lo attraversiamo, ed eccoci di nuovo tra i ponti e le calli, pronti per ricominciare a perderci e a ritrovarci.
Adele Spina 3Mus.