Da tempo immemorabile mia madre era in lite con il Comune di Pretendosolotasse (…) per una questione riguardante un terreno edificabile. Ricordo che andai a rappresentare gli interessi familiari, ma il geometra comunale sembrava sordo a qualunque mia spiegazione. Non c’era niente da fare; non riusciva a capire ciò che, a parer mio, avrebbe capito anche un bambino. Via via, il tono della discussione divenne sempre più teso. Dopo una mezz’ora mi usciva fumo dalle orecchie. Mi accorsi che stavo stringendo i pugni ed ero sul punto di sferrargli un destro in piena faccia. Per fortuna, ebbi una visione. Mi balenò davanti agli occhi il possibile titolo a piena pagina della Gazzetta di Parma del giorno dopo: “Docente di Religione picchia un geometra: processo per direttissima”. Così, senza dire una parola, girai i tacchi e me ne andai. Rientrato a casa, mi stesi sul letto, ancora gonfio d’ira.
Nel vano tentativo di smaltirne l’eccesso, presi a caso (ma fu davvero un caso?) uno dei cinquanta, amatissimi libri sul comodino (rigorosamente impilati fino al soffitto a metri 3,10, nonostante le reiterate quanto vane rimostranze della consorte) e, sempre a caso ( ? ), aprii il Talmud (o meglio, una vecchia antologia dello stesso) e lessi ad alta voce: “Fu chiesto a Rabbi Eliezer: – Qual è la cosa più potente che un uomo può fare nella vita? Rispose: – Trasformare un nemico in amico”. L’enormità di quanto indicato dal rabbino mi fece sobbalzare. Nonostante fossi solo, gridai: – Vaca stordèla mèrsa, arduzir’s amig dal geometro dal C’mòn? –
(Mi sia consentito, oggi, aggiungere alcune chiose a quella spontanea espressione dialettale:
1. “Vaca stordèla mèrsa”: interiezione quasi intraducibile, simile a poffarbacco o acciderbolina, ma con un’accezione più volgare (tipo “cat vègna un cancher”), neologismo dialettale frutto della fantasia di un gruppo di giovinastri a cui, all’epoca, ero fiero di appartenere e, adesso, di più;
2. “arduzires”: voce verbale del tutto intraducibile; indicherebbe quel particolare stato d’animo di chi, palesemente controvoglia, si sente obbligato ad agire in un certo modo suggerito/imposto dalle circostanze/necessità del momento presente; 3. “geometro”, con la ‘o’ finale, come i nostri vecchi chiamavano quel tecnico che deteneva un sapere tradizionalmente maschile, dunque via la ‘a’ a favore della ‘o’).
Riposto il Talmud, ricordai che già San Paolo ammoniva: “Nell’ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Efesini 4,26). Come avrei potuto fare per riconciliarmi con il suddetto geometra? Non ci riuscivo e, quel che è peggio, sentivo che non ci sarei mai riuscito. Accidenti – mi ripetevo – la stupidità del geometro mi è nemica. E, come amava suggerirmi un caro amico, “contro la stupidità degli uomini anche gli dèi lottano invano”.
Mi affidai allora alla celebre raccolta dei mistici occidentali di Elemire Zolla. Si narra che un celebre maestro conoscesse il nome segreto di Dio, quel nome che dava potere su ogni cosa. Il suo giovane allievo gli chiese: – Maestro, ho saputo del tuo straordinario potere; ti prego, rivelami il nome segreto di Dio. Il maestro gli disse: – Vai alla porta principale della città e, nascosto dietro la siepe lì vicino, guarda ciò che accadrà, poi, senza far nulla, torna a riferirmi l’accaduto. Il giovane corse alla porta e si nascose dietro la siepe. Poco dopo, ecco sopraggiungere un vecchietto con un enorme carico di legna sulle spalle. Era sul punto di varcare la porta quando la guardia, dopo averlo fatto cadere rovinosamente, iniziò a insultarlo: – Vecchio stupido, guarda cosa hai fatto, la tua legna per terra impedisce il passaggio! Raccoglila subito! Muoviti! Di nuovo ingiurie, poi botte. Il vecchio, con grande fatica, raccattò la sua legna e se ne andò. Il giovane tornò dal maestro e riferì tutto quanto. Allora il maestro gli pose una domanda: – Se tu fossi stato a conoscenza del nome segreto di Dio, dunque avendo ogni potere, cosa avresti fatto in quel momento? Il giovane, senza esitare un attimo, rispose: – Avrei fatto arrestare subito quella guardia malvagia! Dopo un lungo silenzio il maestro sussurrò: – Tanto tempo fa quel vecchio, proprio quel vecchio che tu hai visto insultato e percosso, mi rivelò il nome segreto di Dio.
Vaca stordèla mèrsa, che storia! Ma il maestro rivelò il nome segreto di Dio al suo giovane allievo? Si o no? Ma si, certo che si! Anche se indirettamente, il maestro ha indicato il nome segreto di Dio nel comportamento di quel vecchio che, apparentemente, sembra non agire, ma, proprio perché in possesso del nome segreto di Dio (Misericordia), compie l’atto divino più potente, perdonare all’istante il male che devastava la vita di quella guardia. Come non pensare alle parole di Gesù che, davanti ai suoi carnefici, esclama: – Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Luca 23, 34).
Conèn, mo mi ‘n son miga al Sgnòr e col stupid dal geometro le tant stupid ca’l rodla al’indrè cme la cova dal gozèn.
Insomma, avrete capito che molti soli tramontarono senza che riuscissi a riconciliarmi con il geometra del Comune. In effetti mi chiedevo spesso come si potesse trasformare un nemico in amico; riconoscevo il valore del perdono, della misericordia, ma in astratto. Il problema vero era il ‘come’ riuscire ad affrontare il nemico.
Alcuni anni fa la dottoressa Abravanel, psicologa ebrea di Milano, tenne una conferenza nella sinagoga di Soragna sul tema del nemico. Fu un incontro davvero illuminante. Ecco in sintesi la tesi della dr.ssa Abravanel. Di fronte alla minaccia del nemico, ogni uomo, come tutti i mammiferi, tende a reagire in due modi: fuga o attacco. Le due modalità di reazione sono, per la nostra specie, particolarmente dannose. Chi, nel corso dei decenni, subirà il dolore causato dalle difficoltà relazionali, instaurando il meccanismo psicologico della fuga, andrà facilmente incontro a patologie renali. La fuga davanti al nemico implica un afflusso di sangue dal centro alla periferia (ai muscoli, per scappare dal nemico e, in senso metaforico, dalla negatività della vita), con un progressivo indebolimento delle funzioni renali che, a pieno regime, necessitano di un continuo e cospicuo afflusso sanguigno.
D’altra parte chi, nel corso della vita, sarà sempre disposto a contrattaccare il nemico, beh, auguri al suo fegato! Non si dice infatti del “fegatoso” a chi reagisce con ira di fronte ai torti del nemico? Che fare, dunque, di fronte al nemico? Il nemico è come un ladro che ti ha rubato l’anima: se gli spari, uccidi te stesso; se fuggi, perdi la tua anima.
Allora, non c’è altra via? Attacco o fuga, tertium non datur? Invece c’è una terza via. Occorre identificarsi con il nemico; riconoscere, almeno in parte, gli errori che il nemico ci sta facendo subire.
Tre anni fa, la Vigilia di Natale, incontrai per caso ( ? ) il geometra comunale e invece di guardare da un’altra parte o tirargli una sassata (na giaroneda), avendo a lungo riflettuto sulle innumerevoli occasioni in cui non seppi capire, spiegare, consigliare (ecc. ecc.), gli stesi la mano e dissi: – Vaca stordèla mèrsa, bon Nadèl.
Il sole poteva finalmente tramontare.
Prof. Lanzi
Vignetta di Gioba dalla rete