Prigioniero del Mare

Considero Odisseo un folle. Sì, un folle; un uomo che non ha paura della vita, che vive giorno per giorno senza pensare agli ostacoli che essa pone. Guarda il mondo con occhi attenti e fugaci, il suo sguardo riflette il mare e il moto burrascoso di esso le prove che ha dovuto affrontare e le più dolenti cicatrici; vedo una lacrima scendere dalla gota destra salata e piena di speranza come le onde che infrangendosi contro gli scogli trovano sempre la forza di ritentare. Sento nel suo petto il cuore battere forte, vivo e audace, incapace di non provare emozioni, e i muscoli del torace e delle gambe in tensione chiedendosi  quanto mai possano reggere tutte queste fatiche. La sua mente è però lucida e cosciente, pronta a continuare la sua strana pazzia, pronta a non arrendersi e a escogitare frodi contro i nemici, come il vecchio ciclope Polifemo: un gigante spregevole figlio di Poseidone che aveva accecato conficcandogli un legno dall’aguzza punta nell’unico occhio che possedeva e gli aveva rubato gregge e  formaggi. Odisseo era riuscito ad ingannare perfino la menzognera Circe, che  con la sua seducente bellezza raggirava uomini e ne faceva bestie, con un’erba misteriosa e divina donatagli da Ermes, dimostrandosi immune all’incantesimo, liberando compagni e obbligando la maga ad essere d’aiuto.

Considero Odisseo un viaggiatore. Sì, un viaggiatore: un uomo che conosce il mondo come mai nessuno lo ha conosciuto, che, come il vento, vola fra  terra e  mare senza mai fermarsi e, pur essendo libero, si sente schiavo di esso. Sento il suo respiro affannoso sulla vetta di una rupe, forse quella della sua cara Itaca o forse di Ogigia dopo aver incontrato la ninfa Calipso? L’aria umida e pesante gonfia i polmoni: entra dentro raggiunge la trachea, sale, sale fino alla laringe,faringe e infine tutto fuori,tutta l’ansia e il sudore svaniscono in un intimo respiro. Tutte le preoccupazioni vanno via e restano solo il cielo, il mare, il sentirsi impotenti di fronte a una tale vastità e il desiderio di scoprire e di conoscere. Ma la curiosità è una lama a doppio taglio e Odisseo, anche se messo in guardia nella sua discesa agli inferi dall’indovino Tiresia, non ne può far a meno tanto che poi sarà la stessa curiosità a portarlo alla morte in un secondo viaggio.

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Considero Odisseo un marito e un padre affettuoso. Sì, un marito e un padre che, nonostante l’assenza in dieci anni di guerra e dieci anni di ritorno, non smette mai di pensare alla sua fedele moglie Penelope, costretta a governare Itaca da sola e a combattere contro i Proci, e a suo figlio Telemaco cresciuto anche lui da solo senza un padre che gli insegnasse a tendere l’arco e a combattere, che donasse loro protezione e amore come in una vera famiglia si dovrebbe fare.

Ora penso alle mani di Odisseo e lo vedo sempre lì sulla rupe con i pugni serrati, lividi e pieni di tagli. Penso a come dovessero essere state prima le sue mani, degne di un re: piene di anelli preziosi, pulite, morbide e bianche come il latte; tenevano stretta sua moglie e il suo figlioletto che al tempo era solo un neonato e afferravano coppe d’oro contenenti vini assai prelibati provenienti da tutta la Grecia.

Considero Odisseo un religioso. Sì, un religioso che in qualunque situazione in ogni luogo ha sempre portato rispetto e onorato gli dei e per questo, a eccezione di Poseidone, è sempre appoggiato da loro, come da Atena dea della saggezza, Ermes  l’Arghifonte, Eolo dio dei venti e Zeus capo di tutti gli dei, nonché protettore dei vincoli di ospitalità.

Sento le sue preghiere, le preghiere del re di Itaca che è consumato e piange come le ultime luci pallide di Agosto prima degli inizi di settembre fanno: prega per suo figlio, per la sua terra, per sua moglie e per sé; per il suo tormentato viaggio divenuto  un incubo. Urla, urla perché la voce è l’unica cosa che gli rimane, è l’unica arma contro i nemici, l’unico sfogo che può permettersi.

Considero Odisseo un uomo. Sì, un uomo che più degli altri si sente prigioniero della vita ma che al tempo stesso è l’unico che l’abbia mai veramente conosciuta, che si è avvicinato alla morte così tante volte che la parola in sé non ha alcun significato. Odisseo è l’uomo perfetto, l’eroe perfetto, ha così tante qualità che quasi sembra un dio, ma ha anche difetti, commette errori ed è proprio da quelli che che si riconosce la sua natura umana. Vedo Odisseo sulla rupe e penso al suo nome e alla sua storia. Mi rendo conto che la sua vita è completa, lui è un uomo completo e ogni emozione che ha provato  è ben più forte e intensa di quelle sperimentate da qualsiasi altro essere vivente. Egli non ha mai cambiato il suo obiettivo, solo la rotta e il tempo per raggiungerlo e non c’è atto più  eroico di rimanere fedeli a sé stessi.

Matilde Tragni 1A

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