“Certo, il cuore, chi gli dà retta, ha sempre qualcosa da dire su quello che sarà. Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto.”
Questo il commento di Manzoni, che troviamo nel capitolo VIII dei Promessi Sposi. La scena in questione è la fuga di Renzo, Lucia e Agnese dal loro paese in seguito al tentativo di irrompere in casa di Don Abbondio e di sposarsi senza il suo consenso, e al tentativo di rapimento da parte dei bravi di Don Rodrigo. Fra Cristoforo saluta i viaggiatori dicendo: “Il cuore mi dice che ci rivedremo presto.”
Al giorno d’oggi tutti sappiamo che le emozioni sono messe in moto dal cervello, non dal cuore: guardando diversi studi pubblicati sul web, ho imparato che il cuore ed il cervello sono collegati e mandano segnali uno all’altro. Ad esempio, se siamo stressati, il cervello aumenta la produzione degli ormoni dello stress e il battito cardiaco accelera. La civiltà odierna ha ottenuto queste informazioni grazie al grande progresso della scienza e dei macchinari; forse in passato questa credenza era data dal fatto che, provando determinate emozioni, si avvertivano sensazioni diverse nella zona del petto.
Torniamo al commento di Manzoni: ” Il cuore ha sempre da dire su quel che sarà“.
Secondo la mia interpretazione, ciò significa che in tutte le decisioni e in tutte le aspettative sul futuro, il cuore (ovvero il fattore sentimentale) interviene sempre. Ma poi l’autore aggiunge: “Ma che sa il cuore? Appena poco di quello che è già accaduto“. A mio parere, Manzoni pensava che l’emozione e il pensiero basato sul sentimento tenessero in poco conto, o ignorassero completamente, i fatti accaduti, fino a negare la realtà.
Facciamo un esempio fuori da questo contesto: quando litighiamo con una persona a noi molto legata, finiamo per sperare che questa ritorni da noi, nonostante tutto quello che è successo. Il cuore ci fa credere cose niente affatto realizzabili, come se fossero davvero possibili.
“Il cuore mi dice che ci rivedremo presto”, dice il nostro Fra Cristoforo; si rivedranno dopo due anni e trenta capitoli.
Niccolò Napolitano 2B