Giulia Poletti il 2 novembre era a New York a correre la maratona più famosa del mondo. Giulia frequenta il quinto anno allo Scientifico Cambridge e in questa intervista ci racconta la sua indimenticabile esperienza
“Cosa significa correre per te?”
“Per me, la corsa significa disciplina e mente. La corsa è brutalmente onesta: non ti regala nulla. Nella corsa, tu ottieni ciò che sei disposto a dare, e non hai scuse. A New York c’era gente malata, che zoppicava, ma che comunque era lì a correre con me. Quindi, questa non è magia: è disciplina, è mente. Una cosa che ho realizzato con la Maratona di New York è che l’entusiasmo ce l’hanno tutti. Il mondo è pieno di persone che dicono: ‘Domani inizio la dieta’ oppure ‘Lunedì inizio ad allenarmi in palestra’. Eppure, è molto raro trovare chi porta a termine questi propositi, perché è faticoso.Per esempio, è raro trovare persone che alle cinque del pomeriggio d’inverno escono di casa con zero gradi e con il buio, anziché stare davanti al camino a guardare una serie TV. Oppure, è raro trovare chi va a correre sotto la pioggia, senza usare la scusa del meteo per restare a casa. O ancora, è raro trovare chi, ad esempio in vacanza con le amiche, si alza prima dalla spiaggia per andarsi ad allenare. Questa, quindi, è disciplina.”

“Sappiamo che durante le maratone non si parla solo di resistenza fisica ma anche mentale: come si può superare un momento di difficoltà?”
“Io non ho uno step, un manuale per affrontare un momento di difficoltà perché ogni momento di difficoltà è unico. Però so da dove partire. Bisogna conoscere noi stessi. Per me la corsa è stata un ottimo mezzo per farlo perchè durante la corsa mediti. Mentre corri c’è silenzio; senti il tuo respiro; senti i battiti del cuore; senti il tuo corpo che si muove. Allo stesso tempo, senti questa voce nella tua testa che ti dice: “che voglia hai di andare a correre”, “fermati il tuo corpo è esausto” oppure “non riuscirai mai a fare 42 km di corsa”. Con la corsa ho imparato a gestirla perché va affrontata, va vinta. L’arrivo al traguardo è stata una dichiarazione che valgo di più di questa voce. Perciò nei momenti più duri è importante affrontarsi, partire da noi stessi. Dobbiamo iniziare affrontando questa voce interna, perché così facendo sarà più semplice fronteggiare gli ostacoli del nostro cammino.”
“Come ti sei sentita mentre correvi?”
“Arrivata al traguardo, ho provato grande soddisfazione personale e una sorta di nostalgia, perché la maratona vera e propria sono centinaia di chilometri, mentre il traguardo rappresenta solo gli ultimi quarantadue. Per me, la Maratona di New York è stata la fine e la celebrazione di un percorso durato dieci mesi. Inoltre, tagliando quel traguardo, è come se un muro dentro di me fosse stato demolito: il muro del ‘non ce la fai’. Solo un anno fa mi dicevo “figurati se riesco a correre una maratona quando, dopo due minuti di corsa, sono morta”. È solo una questione di testa. Bisogna demolire queste barriere che ci poniamo davanti, perché ci precludono un sacco di esperienze bellissime.”
Intervista di Gian Carlo Bia e Codispoti Alice






