“Or ti piaccia gradire la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta”,
dice Virgilio a Catone nel I canto del Purgatorio, dove Dante stesso viene presentato come “cercatore della libertà”, un duro e nobile viaggio che può essere intrapreso solo attraverso la conoscenza di se stessi, della realtà e con l’aiuto del Signore. Come i due personaggi della Divina Commedia, anche i protagonisti dell’incontro con l’associazione Libera erano alla ricerca della libertà. Ilaria Alpi, la ragazza che correva con i lupi, Andy Rocchelli, la volpe scapigliata e Mario Paciolla, il ragazzo “duracell”. Ognuno di loro ha lottato con tutte le sue forze, fino all’ultimo istante, per non farsi schiacciare dai potenti, per cercare di portare alla luce la verità, per la giustizia e per un mondo migliore. E senza accettare compromessi.
Era il 20 marzo 1994 e in Somalia, a Mogadiscio, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, collaboratori della Rai che stavano indagando sul traffico illegale di armi e rifiuti tossici, vengono uccisi con un colpo alla testa ciascuno. Dopo 31 anni le condizioni, le motivazioni e i colpevoli ancora non sono chiari e per quanto Mariangela Graimer (avvocatessa italiana eletta alla Camera dei Deputati e incaricata di seguire l’inchiesta) e altri suoi colleghi continuino a lavorare per far combaciare verità storica e verità giuridica, Ilaria e Hrotivan non hanno ancora avuto giustizia. Anzi, ogni volta che sembra essere arrivati a un punto di svolta, tutti i progressi vengono smentiti, gli indizi vengono fatti sparire e le indagini tornano a non avere certezze su cui basarsi.
Era il 24 maggio 2014 e in concomitanza con il compleanno di Ilaria Alpi, nell’est dell’Ucraina, il giornalista e fotoreporter Andrea Rocchelli perde la vita insieme ad altri suoi colleghi a causa di un attacco di mortaio.Andrea si trovava in Donbass con l’amico attivista Andrej Mironov, anche lui ucciso, per documentare la condizione degli abitanti durante la guerra civile. In seguito a un bombardamento si erano recati in un quartiere distrutto per “catturare l’attimo” e dare voce alla vera vita che molte persone conducevano all’interno di un conflitto di cui non si è mai parlato tanto.
Nonostante sia noto a tutti il colpevole, il comandante che ha dato l’ordine di sparare su un gruppo di civili da una collinetta che ospitava un presidio militare ucraino, nessuno si è azzardato a condannarlo. Mychajlo Zabrods’kyj è stato nominato eroe nazionale, e ad oggi è un importante militare e deputato ucraino. Anche se tutti conoscono la verità, il comandante continua ad essere coperto, anche dall’Italia. “Non basta avere ragione, serve che qualcuno te la dia, per poter fare/avere giustizia”, dice il papà di Andy.
La morte di Andrea e di Ilaria non sono le uniche a continuare ad essere coperte dal mistero e dalle bugie. Infatti, anche il decesso di Mario Paciolla, giornalista, attivista e volontario nelle brigate internazionali di pace, continua ad essere incomprensibilmente catalogato come suicidio.Il corpo del ragazzo è stato ritrovato il 15 luglio 2020 nella sua abitazione in Colombia, appeso a una grata con un lenzuolo, riportava una frattura al collo tipica dello strangolamento, profondi tagli sui polsi e un gluteo sporco di sabbia. In corpo aveva della lidocaina, un anestetico paralizzante, e in giro per la casa, come sul corpo di Mario, non c’erano tracce di sangue, se non piccole goccioline precisissime, quasi pianificate, sul pavimento. Anche per un bambino sarebbe facile capire che non si può trattare di suicidio, ma tutti, perfino l’Onu, organizzazione per cui Paciolla lavorava come volontario, si sono dati da fare per nascondere ed eliminare ogni prova.
Ognuna di queste vite è stata spezzata perché costituiva un’esistenza scomoda e senza sconti: erano giovani innamorati della libertà, affamati di verità e stanchi di tutti i limiti omertosi imposti dai governi.
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, un’associazione che si occupa di sostenere il cambiamento etico, sociale e culturale per interrompere i fenomeni mafiosi di illegalità, ingiustizia e malaffare, ci esorta a non accontentarci. Ci esorta a non farci andare bene questa realtà nebbiosa, stracolma di mezze verità, di informazioni pilotate e corrotte a seconda di ciò che risulta essere più utile. Non dobbiamo farci andare bene il silenzio, la morte di persone oneste, la comodità. Don Ciotti ci dice di metterci in gioco, di lottare, di essere persone scomode e ribelli di fronte alle ingiustizie. Perché giustizia e verità non sono accessori della vita, ma una condizione necessaria per viverla con dignità.
Le storie che ci sono state raccontate, con forza e dolore, durante l’incontro del 21 maggio, dai familiari di queste giovani vite spezzate, laria, Andy e Mario, devono graffiarci l’anima e infastidirci, ricordarci che non abbiamo bisogno di celebrazioni e parole, ma di azione e cambiamento e che noi tutti dobbiamo esserne protagonisti attivi.
Dobbiamo prendere in mano il nostro mondo, il nostro avvenire e decidere che forma dare al nostro futuro. Proteggere chi si impegna per condividere informazioni vere, di prima mano, e chi non si accontenta delle notizie riportate e comode, significa difendere e sostenere la democrazia e la ricerca della verità. Una democrazia, infatti, può stare in piedi e progredire solo se i cittadini che la costituiscono sono informati e consapevoli, liberi e attivi.
Don Ciotti ci invita a “non farci zittire dalla grancassa del potente di turno, con interesse a nascondere ciò che succede” ma, anzi, di “dar vita a una grancassa ancora più rumorosa, di chi vuole farsi sentire e conoscere la verità”.
In questo momento storico non possiamo permetterci di delegare a qualcun altro, di tirarci fuori da questa battaglia, di essere indifferenti. Dobbiamo seguire la scia luminosa lasciata da quelle persone che hanno dato la vita per un mondo migliore, dobbiamo rispondere e mettere a disposizione ogni nostra capacità per andare in profondità e ottenere giustizia. Solo così potremo “Uscire a riveder le stelle” e rendere omaggio a tutte quelle stelle non più con noi ma che continuano ad illuminare il nostro presente.
l’intervento di Don Ciotti al link
articolo di Sara Faraboli
foto di Serena Cavazzini
montaggio video di Giulia di Silvestro