Si presenti pure, ci dica qualcosa di lei.
Allora, sono Luigi, sono docente di religione al Bertolucci, ma anche di lettere nella provincia. Ho iniziato ad insegnare l’11 novembre del 2020, intraprendendo la mia carriera da insegnante che era il mio obiettivo da sempre, anche quando facevo altri lavori speravo di insegnare e ho trovato finalmente il mio posto: infatti mi piace sperimentare e fare esperienze anche diverse tra loro. Ho quasi 31 anni e continuo a coltivare tante passioni, alcune sono state per lungo tempo un lavoro e adesso, quando avrò ultimato il mio secondo percorso di laurea, mi auguro di collaborare ancora con diverse realtà con cui già lavoravo in ambito pubblicitario e teatrale, ma anche televisivo.
Oltre alla vita lavorativa, quali sono le sue passioni nel tempo libero?
La mia più grande passione è l’attività sportiva, pratico sport da sempre, anche se adesso è più un hobby che un obiettivo agonistico, come invece erano il judo quando ero bambino o la pallacanestro alle superiori. Poi suono la batteria da 14/15 anni, anche se adesso devo ancora trovare la collocazione definitiva in casa. Ascolto tantissima musica, molti generi, di cui in particolare musica metal; quando ero ragazzino ho fatto un salto nel vuoto: sono passato da ascoltare Povia ai Metallica, e questo mi ha portato a sperimentare tutti i generi possibili. Ora, anche per l’età, mi sono un po’ allontanato dal black metal e generi più estremi e ascolto qualcosa di più soft. In generale leggo anche tantissimo, non romanzi però perché non mi piacciono, a parte i grandi classici; se mi regalano un romanzo, hanno sbagliato regalo! Quindi è difficile catalogare cosa leggo, comunque leggo tantissimo.
Ci può parlare della sua carriera prima di diventare professore?
È stato grazie ad un incontro molto casuale avvenuto alle scuole superiori con il regista che teneva un laboratorio di teatro a scuola; infatti a fine percorso liceale lui mi ha fatto conoscere un altro regista che mi ha portato a affrontare la mia prima esperienza in ambito cinematografico: un film che ha avuto una buona risonanza a livello della critica, sebbene non abbia avuto una grande distribuzione per motivi interni alla produzione. Però questo mi ha aperto una finestra: ho incominciato ad interessarmi all’ambito cinematografico e della recitazione. Ho cominciato a girare qualche cortometraggio, qualche spot pubblicitario, e quindi ho deciso di accompagnare i miei studi universitari (lettere antiche) con la carriera nell’ambito della recitazione. Mi sono trasferito a Roma, ho studiato a Cinecittà, poi ho studiato con diversi coach e in questo periodo ho avuto qualche parte in dei film più o meno emergenti, anche esteri. Ho avuto la fortuna di avere un’esperienza su un set americano: ero l’apostolo Filippo in un film biografico su Gesù girato a Matera e questo set è stata un’esperienza meravigliosa. Poi, ho avuto un’esperienza che mi ha portato in contatto con Dolph Lundgren, ovvero Ivan Drago di Rocky, i più anziani che leggeranno questo articolo se lo ricorderanno per “io ti spiezzo in due”. Ho lavorato con lui, dovevamo rappresentare anche una scena di colluttazione, poi per problemi organizzativi abbiamo depennato questa opzione, però è stata sempre una bella esperienza.
Man mano mi sono lasciato affascinare dall’ambito pubblicitario, perché ho avutouel un altro incontro molto interessante con Manlio Castagna, un’insegnante di neuromarketing, che mi ha spiegato come scrivere dei soggetti pubblicitari, che fossero in realtà dei mini corti per raccontare delle storie anche nelle piccole pubblicità. Quindi ho aperto una piccola casa di produzione pubblicitaria (io e il mio team) che ha curato per diversi anni la comunicazione di aziende, anche abbastanza importanti: è stata un’esperienza ulteriore, per sperimentare anche dietro la macchina da ripresa. Nel frattempo ho portato avanti anche il teatro, soprattutto il “teatro dei luoghi”, una cosa molto interessante perché non si recitava mai in teatro, ma in castelli, in ipogei (vano sotterraneo, per lo più adibito a luogo di culto o di sepoltura), nelle grotte; insomma luoghi in cui non c’era una scenografia artefatta, perché eri già immerso in un’ambientazione meravigliosa. Si facevano dunque esperienze straordinarie ma anche traumatiche, come quando sono stato invaso da una stormo di piccioni, che sono la mia più grande paura, durante uno spettacolo: ho dovuto resistere e mi sono sentito davvero professionista, perché non avere avuto paura dei piccioni vuol dire che ero davvero concentrato in ciò che stavo facendo.
Che cosa l’ha spinta a cambiare totalmente lavoro? Ci parli di questo cambiamento.
È un cambiamento traumatico, proprio una rottura, anche non totalmente voluta. Ad un certo punto, come è successo per tutti, è arrivato il covid che ha bloccato gran parte delle produzioni e dei lavori in cui ero impegnato e quindi mi sono chiesto: “ma io, è da qualche anno che rincorro l’obiettivo dell’insegnamento, perché non lo porto a termine?”. Infatti io in teoria potrei insegnare anche Italiano, Latino e Greco; ho iniziato a insegnando Italiano, Storia e Geografia alle medie per una breve supplenza, che poi è diventata supplenza annuale; questo mi ha dato la possibilità di esplorare l’ambiente dell’insegnamento. Mentre ero in servizio in questa scuola media, ho incontrato un altro personaggio che mi ha visto leggere un saggio di antropologia, “Il ramo d’oro”, e mi chiese “perché leggi sta roba?”, io gli risposi “perché mi interessano le tradizioni, le usanze, mi piace esplorare le nostre origini”; lui mi disse “di religione ti occupi?” e io “ no, non strettamente, ma mi interesserebbe intraprendere il percorso di scienze religiose per formarmi in questo ambito”. Mi disse che se mi fossi iscritto molto probabilmente sarebbe potuto diventare un lavoro. Io fino ad allora non avevo mai pensato di insegnare religione, è stato un fulmine a ciel sereno; quindi ho deciso di accelerare la mia iscrizione, tanto nel frattempo mi ero trasferito da Andria, il mio paese di origine, a Parma, e avendo perso dei miei contatti di lavoro, dovevo reinventarmi dal punto di vista lavorativo. Ho cominciato ad insegnare sia lettere che religione, poi però ho capito che quello che mi piace fare è proprio sperimentarmi nell’educazione a 360°; quindi il motivo per cui io mi sono innamorato dell’insegnamento della religione è, non soltanto perché fornisce le tecniche per rispondere a dubbi e domande esistenziali che i ragazzi possono porsi, ma anche la possibilità di mettersi realmente in confronto con loro e dedicarsi del tempo, che secondo me purtroppo spesso manca all’interno della scuola. È un’opportunità per fermarsi un attimo e guardarsi in faccia, forse non avremo niente da dirci o forse avremo tanto da condividere, cosa che non riusciamo spesso a fare perché abbiamo l’ansia di portare a termine dei programmi e sviluppare delle conoscenze.
Dato che è un professore molto giovane, ha dei consigli per noi ragazzi per vivere l’esperienza scolastica al meglio?
La scuola è il vostro dovere, e questo non lo dico io ma la Costituzione, però il mio augurio a tutti i ragazzi è di non annullarsi nella scuola, non vedere le proprie ambizioni e i propri percorsi limitati solo all’ambito scolastico e auguro di cogliere tutte le opportunità sane di sperimentazione, di crescita che ci possono essere intorno a voi. Perché se ci si ferma, si perdono delle grandi occasioni e siccome gran parte delle possibilità, delle spinte che la vita ci può offrire ve le offre adesso (alla vostra età), anche se la mia vita racconta l’esatto contrario, non privatevi delle occasioni che avete al di fuori della sfera scolastica. È giusto andare a scuola perché è il vostro dovere, ma non assolutizzate la scuola e vivete a 360°; prendete e vivete pienamente le esperienze che vi si presentano, perché vi porteranno a crescere anche nell’ambito scolastico. Non screditate le altre occasioni di crescita, perché ci si forma anche al di fuori delle aule.
In classe ci racconta spesso delle storie, derivano da studi che ha fatto o anche da esperienze?
Le storie sono una deformazione che deriva da mio nonno, che mi ha formato senza volerlo alla persona che sono e agli interessi che ho oggi. Sin da piccolo mi ha raccontato storie e poi le metteva in scena, questo già mi doveva far pensare dove sarei andato a parare. Uno dei ricordi più forti che ho della mia infanzia è di me che giocavo a impersonare Teseo del mito di Teseo e Arianna, nel labirinto del minotauro, che era casa dei miei nonni. Io giravo mentre raggomitolavo il filo per salvare prima Arianna, mia nonna, e poi sconfiggere il minotauro, che era mio nonno: venne fuori dal corridoio con due rotoli di carta igienica vuoti in testa per fare le corna e io lo dovevo colpire. Comunque il fatto che uno dei miei ricordi d’infanzia sia una storia, messa in scena tra l’altro, è la ragione per cui credo fortemente nel potenziale delle storie, questo per due motivi: il primo è perché mettono in moto qualcosa che non è vincolato a immagini fornite da altri sistemi (video, film ecc…), attivano il cervello e la capacità di immaginare; la seconda ragione è che ascoltare e raccontare le storie ci inserisce in una dimensione molto intima, che secondo me va oltre ogni barriera perché ci riporta a qualcosa che pulsa dentro di noi, ovvero quell’abitudine ancestrale che abbiamo di condividere storie attorno al fuoco, tendenza che ha da sempre l’essere umano e che è il modo più naturale di scambiarsi le conoscenze. Infatti inizialmente le persone non avevano libri, si sono scambiati i saperi in questo modo per moltissimi anni; per cui raccontando le storie, si ottengono dei segni che a volte i libri o le immagini non trasmettono, la storia ha qualcosa di più profondo. Credo fortemente nell’impatto che possono dare le storie, un po’ perché sono dentro di noi e un po’ perché hanno questo potenziale pedagogico innegabile.
Quale consiglio si sente di dare ai ragazzi?
Ragazzi, un messaggio così, un po’ improvvisato, intanto leggete, leggete il giornale scolastico, perché è pieno di notizie curiose e anche di personaggi che passano, un po’ come dei loschi figuri, all’interno di questa scuola. Venite a curiosare e, soprattutto, come diceva diceva Jobs, “siate affamati”, ma prendetevi queste opportunità, godetevi questo percorso e tutte le opportunità che la vita vi offre. Godetevela questa vita!
Intervista e foto di A. Ronchini, F. Carosio e G. Tommasini 3F