La morte, la perdita, l’angoscia che sono dentro alla vita generano persone fragili, spaventate, conflittuose.
In Keeping Two, Jordan Crane ci rende partecipi di tre storie, alcune “reali” e altre no, accomunate dalla scomparsa di persone o animali cari: la cosiddetta realtà, la trama di un libro e l’immaginazione si confondono tra loro fino a non distinguersi quasi più, a non poter più esistere o proseguire l’una senza l’altra. La coesistenza e l’interferenza di vita e morte sono i pretesti della formazione di una dimensione “altra” rispetto a quella in cui siamo abituati a vivere in “modo concreto”; è una realtà immaginaria ma non meno reale. Freud ci insegnò che non solo la mente nasconde tante cose che non conosciamo, ma anche che esse sono reali quanto quelle che possiamo vedere con i nostri occhi e toccare con le nostre mani e che ne sono la diretta conseguenza, non altro che il riflesso. L’esistenza non dipende più dalla concretezza, la realtà si espande oltre i limiti tradizionalmente riconosciuti.
Il limite di cui si sentire più spesso parlare nel libro è un numero, emblema del concreto e dell’astratto contemporaneamente. È il numero tre. Quante immagini compaiono solo nominandolo? Da sempre il tre è un numero enigmatico, al centro di mille teorie (basti pensare alla Trinità, sacra e irraggiungibile), eppure Crane sceglie di sfruttarne una più semplice e popolare, quella del “non c’è due senza tre”. <<E che fine fa la regola del tre? Le persone non muoiono tre alla volta?>> ci indirizza con sarcasmo fin dalle prime pagine sulla strada su cui sta viaggiando il libro. Chi sarà il terzo morto, dopo i due subito annunciati? Scopriremo che il terzo defunto non arriverà, come se il mistico numero fosse una sorta di asintoto, un qualcosa di sacro e irraggiungibile, di perfetto.
La perfezione non ci appartiene, è appurato; forse tendiamo ad essa, come sostenevano alcuni filosofi, forse per niente, come ribattevano altri. Ciò che è certo è che nessuno dei personaggi di Keeping two è perfetto o ci si avvicina. Sono persone che litigano, sbagliano, soffrono e fanno soffrire, talvolta si rendono odiose al lettore, ma sono anche in grado di essere amorevoli, gioiose, addirittura la causa della sopravvivenza di qualcuno – anche della morte. Le coppie della graphic novel vanno incontro a grandi rischi e a grandi sollievi per colpa dell’una e dell’altra componente. I concetti generali di giusto, di buono, di ragione e di torto si dissolvono e diventano relativi come il tempo per Einstein. Per quanto tentiamo di comportarci in modo “giusto”, di essere “buoni” e di non provocare sofferenza, questa capacità non ci è concessa. Tutto ciò che possiamo fare è tentare e sperare, oppure arrenderci completamente alla nostra natura di creature fallibili.
Marianna Massari 5^E
(in copertina una foto del quadro Finestre di una casa di Egon Schiele scattata da me)