Oblio – il diritto di fermarsi

È un pomeriggio di metà novembre e stranamente fuori piove.
Sono seduta su una poltrona dinanzi alla finestra e in mano ho una tazza di infuso alla cannella, il cui aroma mi fa desiderare l’avvento del Natale e delle vacanze invernali.
Scrivo.
Lascio scorrere sul foglio la penna cercando chiarezza.
Penso a quante cose potrei fare piuttosto che stare qui seduta.

Avete mai la sensazione di buttare via il vostro tempo? Passare ore a programmare impegni e quando poi si tratta di viverli concludete poco. Vorrei vivere improvvisando, anche se probabilmente concluderei ancora meno.

14:43
Sono in ritardo, poco importa.
Ho voglia di scrivere e la pioggia mi calma.
Fatico a concentrarmi, distratta dalle continue notifiche sullo schermo del telefono poggiato sul davanzale. Probabilmente qualche promemoria che mi ricorda la lezione di canto delle 18:00.

Troppi impegni, troppe ambizioni, troppe idee.
La quarantena, in questo, ci è venuta incontro. Sospendendo il tempo, lo ha donato a chi non lo aveva. Ci ha costretti a seguire un ritmo da lei dettato, incerto, noioso. Ma era proprio quel limbo apparentemente interminabile che io avevo trasformato in tempo proficuo.
Finalmente potevo ritagliarmi momenti, senza sentirmi in colpa perché non stavo facendo altro di più importante, come invece sta accadendo ora.

Ecco vedete, la monotonia dell’anno passato è ora stata soppiantata nuovamente dalla frenesia  caratteristica delle nostre vite.
Ogni settimana la miriade di faccende aumenta, e con essa anche l’esigenza di rallentare.

Non mi manca l’entusiasmo, mi manca il tempo.
Mi ripeto sempre che se le giornate durassero 48 ore riuscirei a fare tutto.
Probabilmente invece aggiungerei altre attività riducendo comunque le mie ore di sonno a un tempo non sufficiente.

E cosi ritorno a pensare al mio infuso.
Al desiderio di vacanza.
Alla necessità di ritornare a quei pomeriggi dove il tempo era sospeso, che mi davano conforto nonostante la solitudine.

Giulia Amadei

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