MONDO MALATO

Mascherine, guanti, disinfettanti per mani e chi più ne ha più ne metta: tutti oggetti divenuti ormai familiari. Nell’ultimo anno si è parlato tanto di COVID-19 e di tutte le azioni da mettere in atto per curare e proteggere il genere umano da questa malattia misteriosa che è piombata con prepotenza nelle nostre vite. Da un lato le limitazioni dovute ai lockdown hanno fatto diminuire smog e inquinamento dell’aria. Dall’altro l’utilizzo di mascherine e guanti monouso e non biodegradabili  ha peggiorato l’inquinamento da plastica. Studi recenti stimano che se ne utilizzano circa 3 milioni al minuto. Molti dei DPI (dispositivi di protezione individuale) utilizzati possono essere definiti usa e getta perché, essendo economici, possono essere utilizzati una sola volta e poi buttati via. Ma ecco il problema: una volta buttati, non svaniscono. E ovunque nel mondo le associazioni ambientaliste lanciano l’allarme: tra poco, nei nostri mari troveremo più mascherine che pesci. 

Tra i vari DPI, la mascherina è diventata presto obbligatoria. Se all’inizio a tutti almeno una volta è capitato di uscire senza e dover rientrare a casa per prenderne una, ora la indossiamo con un gesto automatico la mattina prima di uscire di casa, come le scarpe o lo zaino con i libri di scuola. Nonostante l’uomo sia riuscito a ottenere maschere per l’ossigeno da una semplice maschera da snorkeling e a perfezionare (o quasi) vaccini anti-covid in tempi da record, non riesce a non gettare dove capita la mascherina non appena questa non gli serve più. Si stima che ogni giorno in tutto il mondo vengano gettate 3,4 miliardi di mascherine. Basta camminare nel parco, sui marciapiedi, in spiaggia, per vederne ovunque. Le osserviamo ma passiamo oltre, perché, giustamente, a nessuno piace raccogliere una mascherina che può essere veicolo di contagio. 

Eppure cosa costa aspettare di varcare la soglia di casa per poterle smaltire correttamente, anziché lasciarle cadere al suolo? Non ci accorgiamo che dal parco della nostra città al fiume che scorre a poche centinaia di metri di distanza, e da questo al mare dove trascorreremo le vacanze questa estate, il passo è breve. Come affermano gli ambientalisti: “Una mascherina che viene ingerita da un abitante dei nostri mari potrebbe facilmente rimanere bloccata nel sistema digestivo di questo animale, uccidendolo”. Ma non solo: “La plastica con cui sono realizzate, in particolare il polipropilene, resta nell’ambiente per decenni o addirittura secoli, scomponendosi lentamente in micro e nanoplastiche, che entrano nelle catene alimentari, con effetti devastanti anche per l’uomo”. E’ quindi breve anche il tragitto che le conduce alle nostre tavole. Siamo davvero sicuri di voler introdurre le mascherine nella nostra dieta quotidiana? 

Non solo il COVID-19 è pericoloso per la nostra salute: i dispositivi usa e getta per proteggerci e proteggere gli altri dalla diffusione del virus, se abbandonati nei prati ed in mare, finiranno per avere inevitabilmente ripercussioni drammatiche anche sulla questione dell’inquinamento ambientale. Se non riusciremo ad eliminare questa forma di inquinamento “usa e getta”, l’impatto sull’eco-sistema sarà devastante. 

Alessandro Antinori, 1^E

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