Soffro di una sindrome, la sindrome di Wanderlust. Siamo in tanti a soffrirne.
Riconosci chi ne è affetto dallo sguardo , in perenne ricerca di qualcosa di nuovo. Nella sua definizione originale, Wanderlust era il termine usato per definire chi ama stare all’aria aperta, fare lunghe passeggiate, ma in certi casi il concetto supera la dimensione casalinga; non si limita alla sofferenza emotiva di chi è costretto a stare in casa, ma impersonifica l’impulso di viaggiare, di scoprire e conoscere realtà diverse, al di fuori dal luogo in cui si vive.
Parma è una città ricca, ha molto da offrire; opere d’arte, monumenti, musei, parchi, teatri, per non parlare di alcuni dei più celebri prodotti gastronomici d’eccellenza.
Parma non mi ha mai fatto mancare nulla, ci sono giostre, cinema, fiere e mercati, tutto il desiderabile per ogni fascia di età. Il clima è variegato e mai estremo; la posizione favorisce gli spostamenti verso ogni direzione.
Conservo molti bei ricordi legati alla mia città, alla quale però non mi sento per nulla affezionata. Ricordo che da bambina facevo lunghe camminate con i nonni per le vie del centro cittadino, che giocavo spesso con gli amici di scuola in un parco nascosto dietro casa; ricordo i parco giochi delle sagre cittadine, i festoni e le luminarie di ogni ricorrenza; ricordo a memoria le strade che percorrevo per andare verso la scuola elementare e ripercorrendole provo ogni volta la stessa frenesia ed irruenza di allora. Custodisco anche ricordi più recenti; i compleanni, i giri in bici, le feste, i tramonti, le notti, con e senza stelle; e poi ancora i campi, le strade, le case, i palazzi, le persone.
Parma non ha ragioni per cui dovrebbe essere odiata; c’è chi la considera affollata, chi noiosa, chi inquinata, chi triste; Parma non è niente di tutto ciò, è una città in regola sotto tutti gli aspetti e non a caso è stata nominata capitale della cultura per due anni successivi.
Non sarebbe pertanto corretto da parte mia affermare che odio la mia città, ma troppo spesso sento l’impulso di fuggire da questa realtà, vago con la mente verso mete lontane, chiusa tra le mura di una città così perfetta, tanto perfetta da mettere in soggezione. Desidero ardentemente vedere posti nuovi, ho sete di cambiamento e fame di esplorazione. Parma non è immobile, sono io immobile dentro Parma. Amo stare all’aria aperta, ma i campi della periferia non saranno mai in grado di saziare la consapevolezza di avere un intero mondo da scoprire.
Non ho ragioni tangibili per odiare la mia città, eppure non sono in grado di amarla.
Alberici Martina
in copertina, The flying child, Quint Buchholz