Locali chiusi, aule riempite per metà, musei interattivi, zone che cambiano colore più velocemente del semaforo. Nessuno ci avrebbe creduto se ce l’avessero detto un anno fa…
Un anno fa il virus si stava diffondendo in Cina e il nostro governo ha deciso di tenerci a casa da scuola, decisione mai presa dal dopoguerra e che, in realtà, ha ben poco di creativo. Ciò che è stato veramente stupefacente è la capacità di affrontare rapidamente la crisi con idee fresche. Ad ogni problema si è trovata una soluzione: per gli studenti a casa, didattica a distanza, per gli studenti in classe, distanziamento e mascherina, per quelli contagiati isolamento e tracciamento, per quelli con gli occhi affaticati dallo schermo ore asincrone.
Anche se la scuola, con la sua dose di creatività mista errori, ha avuto un ruolo fondamentale, non è stata l’unica a doversi reinventare. Il personale sanitario è stato il primo a doversi adattare ed ecco le tute bianche con su scritte frasi di incoraggiamento mischiate ai nomi dei medici i cui sorrisi, segnati delle ore di lavoro, vengono coperti dalle mascherine. Politici ed economi si sono poi trovati a gestire la crisi ed è stato allora che sono comparsi i dpcm emanati con la cura di chi tenta di conservare quel briciolo di normalità che ci resta. Persino in campo sportivo si è stati costretti ad una pausa e così sono iniziati gli allenamenti in casa, le videolezioni dei preparatori atletici, i video di tennisti e pallavolisti che giocavano contro il muro e le corsette nel parco con quella mascherina che non sai quando sei autorizzato ad abbassare.
Tra tutti questi ambienti però ce n’è uno, che non si distingue bene dagli altri, che ha dato vita ad una magia indescrivibile: il sociale. Ognuno ha dato il massimo nel proprio campo, ma non c’è uno solo di noi che possa dire di non essere stato travolto dall’onda creativa che la pandemia ha brutalmente portato con sé. Alcuni ristoranti hanno chiuso perché non reggevano, altri si sono trasformati in mense per chi aveva perso il lavoro. Alcuni ragazzi hanno ricostruito i rapporti familiari non potendo uscire, altri si sono dati al volontariato consegnando medicine e spese agli anziani. Alcune biblioteche hanno interrotto il servizio, altre hanno organizzato una rete di recapitazione e sterilizzazione dei libri per i positivi costretti a casa. Alcune compagnie teatrali hanno smesso di esibirsi, altre si sono convertite in artisti di strada regalando un momento di gioia ai pochi passanti con autocertificazione.
È vero. la pandemia ha devastato i nostri rapporti umani cancellando abbracci e feste, ha distrutto la nostra economia aumentando il debito pubblico e il tasso di disoccupazione e ha lasciato vuoti incolmabili, ma ha dimostrato di cosa siamo capaci. Ad oggi è chiaro che la nostra capacità di adattamento è vera e propria creatività e che, in un periodo in cui tutto è volto ad evitare il contagio, la frase “La creatività è contagiosa, trasmettila.” di A. Einstein assume tutto un nuovo significato.
Cantù Cleo
Foto di copertina di Anthony Harvie, Getty images